Mentre secondo l’associazione internazionale del trasporto aereo (Iata) le prospettive di crescita dei ricavi del settore aereo per il 2013 migliorano leggermente (+1,6% a 10,6 miliardi di dollari l’utile atteso dal settore a fine anno contro gli 8,4 miliardi stimati in precedenza) per le compagnie aeree italiane i tempi restano difficili. Da Alitaliaa Meridiana Fly, passando per la chiusura nella scorsa estate di WindJet, le perdite nel settore aereo italiano sono molto ingenti. Il 2012 è stato l’anno orribile per queste compagnie, sotto la pressione concorrenziale dei vettori low cost. In particolare Ryanair ed Easyjet, che continuano incessantemente il loro sviluppo facendo buoni profitti.

La compagnia low cost irlandese, Ryanair, ha annunciato nei giorni scorsi di essere diventata leader del mercato italiano con 22,9 milioni di passeggeri, davanti proprio al vettore di bandiera Alitalia che avrebbe trasportato “solo” 22,3 milioni di passeggeri. Questa leadership è veritiera, ma bisogna tenere conto che Alitalia, con l’aggiunta dei passeggeri trasportati da Airone, rimane comunque leader del solo mercato italiano con 24,3 milioni di passeggeri. Quindi Ryanair ha sorpassato Alitalia, ma non il gruppo Alitalia.

La leadership è tuttavia poco importante, perché mentre Ryanair ha annunciato ancora una volta utili, Alitalia si trova nella situazione finanziaria più complicata dalla rinascita della “Fenice” degli imprenditori italiani, i cosiddetti capitani coraggiosi di Silvio Berlusconi capitanati da Roberto Colaninno e finanziati da Banca Intesa allora nelle mani di Corrado Passera.

Le perdite accumulate dal 2009 alla fine del 2012 ammontano infatti a 844 milioni di euro, con un netto peggioramento nell’ultimo bilancio. Il rosso dell’ultimo esercizio è stato di 280 milioni di euro, contro i 69 milioni dell’anno precedente. Anche il numero complessivo di passeggeri è diminuito, passando da 25 milioni di persone del 2011 ad appunto 24,3 milioni, in discesa quindi del 2,9 per cento.

Anche il mercato aereo complessivo italiano è in leggera decrescita, ma la riduzione Alitalia è stata maggiore di quella del mercato, facendo così scendere la quota di mercato sotto il 21 per cento, ai minimi di sempre. Prima del fallimento, la vecchia Alitalia aveva quote di mercato di circa il 30 per cento, senza oltretutto conteggiare Airone che è stata assorbita dalla nuova compagnia.

Il nuovo vettore è dunque molto piccolo, tenendo in considerazione che i principali competitor hanno ormai tutti oltre 50 milioni di passeggeri. In particolare Lufthansa supera i 100 milioni di passeggeri l’anno, mentre AirFrance – KLM e Ryanair si avvicinano agli 80 milioni.

La principale debolezza di Alitalia rimane la sottocapitalizzazione e il prestito di quasi 150 milioni di euro dei soci non cambia la situazione. La compagnia era scesa a fine dello scorso anno sotto gli 80 milioni di disponibilità finanziaria netta, con delle chiare problematiche per arrivare alla fine dell’inverno. È la ragione per cui si è reso necessario un intervento urgente.

L’ipotesi che avrebbe dato maggiore stabilità sarebbe stata quella di mettere i soldi direttamente nella compagnia, tramite una ricapitalizzazione, in modo che la continuità operativa fosse stata certa anche dopo l’estate. Un prestito infatti deve essere restituito, anche se sono i soci a farlo.

Problemi finanziari li ha avuti anche Meridiana, la seconda compagnia di bandiera italiana. Il principale azionista, l’Aga Khan, è stato costretto a ricapitalizzare, viste le perdite pari a 190 milioni di euro nel 2012. Conteggiando le perdite Alitalia con quelle di Meridiana si arriva alla cifra astronomica di 470 milioni di euro.

Da cosa deriva questo “buco” tutto italiano? In primo luogo da fattori esterni. Il mercato italiano è maggiormente in crisi rispetto ad altri a causa della forte caduta del prodotto interno lordo. La crisi economica è più forte in Italia che in altri Paesi europei e la conseguenza è quella che le compagnie con il business maggiormente concentrato nel nostro Paese, soffrono in maniera più forte.

Inoltre il prezzo del carburante rimane estremamente elevato, sempre sopra i 100 dollari al barile, di fatto rendendo inutili le azioni delle compagnie di riduzione di tutti gli altri costi. Vi è anche l’effetto dollaro, dato che un euro un po’ più debole provoca un aumento dei costi delle compagnie europee che acquistano il carburante nella valuta americana.

La crisi non è tuttavia solamente italiana, dato che tutti i vettori europei sono in forte difficoltà, da AirFrance-KLM, alle prese con un duro piano di ristrutturazione, fino ad Iberia che sta attraversando il peggior periodo della propria storia con perdite per centinaia di milioni di euro e con un taglio del personale che supera i tremila dipendenti.

La crisi, però, è maggiormente delle compagnie italiane, dato che i vettori low cost tendono a prosperare e a crescere nel mercato italiano. Quali sono dunque le particolarità dei due vettori?

Alitalia soffre di una mancanza di investimenti da parte dei propri soci. Dopo l’investimento iniziale, la compagnia ha cominciato a bruciare tutto il capitale con quattro anni di seguito di perdite nette. La flotta di Alitalia è stata rinnovata nel medio raggio, mentre è rimasta molto esigua nel settore a lungo raggio, che è quello maggiormente profittevole.

Meridiana invece ha sempre avuto un socio forte, l’Aga Khan, che fino adesso non si è mai tirato indietro nel ricapitalizzare l’azienda. Tuttavia una situazione stand alone per il vettore sardo non è più sostenibile, in un mercato aereo come quello mondiale che vede una competizione sempre più accesa.

Vi può essere allora un problema di management? Alitalia ha cambiato per la seconda volta in un anno il proprio amministratore delegato. Andrea Ragnetti, che aveva sostituito Rocco Sabelli alla guida del vettore solo un anno orsono, si è dimesso nelle scorse settimane. Al suo posto ha preso la cloche della compagnia il presidente Roberto Colaninno. Anche Meridiana ha visto un cambio al vertice abbastanza rapido e questa instabilità certo non giova allo sviluppo di strategie continuative da parte delle compagnie aeree.

Questo problema allora è solo uno dei tanti che colpiscono questi due vettori che rischiano nel corso del 2013 di arrivare vicini al fallimento. Sono più particolarità che costruiscono un quadro davvero molto incerto. E l’insieme delle problematiche rende molto oscuro il futuro delle compagnie italiane.

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