E’ legittimo dubitare che Giorgio Napolitano sia stato un buon Presidente della Repubblica italiana. Chiamato a gestire una fase indubbiamente complessa e convulsa della sua storia non pare invero che egli abbia fatto granché per esigere il rispetto della Costituzione italiana in tutti i suoi aspetti, sebbene la validità del suo impianto fosse stata di recente riaffermata da un importante referendum che aveva respinto, con un voto maggioritario e convinto, i tentativi neoautoritari e, al tempo stesso, centrifughi di minarne i principi fondamentali.  

Da ultimo, l’atteggiamento incredibilmente cerchiobottista assunto nei confronti del patetico tentativo del Partito cosiddetto delle libertà di aggredire la magistratura e la sua indipendenza, conferma tale imperdonabile inadeguatezza. Non si poteva del resto ragionevolmente pretendere di più da un personaggio che è stato fino in fondo un esponente dell’ancien régime italiano. Passato dalla comprensione manifestata a suo tempo per l’attacco repressivo sovietico nei confronti dell’Ungheria alla condiscendenza nei confronti di banca e finanza, le nuove forze dominanti a livello globale.

Sebbene Napolitano abbia vissuto, per effetto dei complimenti attribuitigli da media in buona misura come al solito servili, un suo momento di gloria al momento della sostituzione di Monti a Berlusconi, si può oggi, anche con il senno di poi, capire fino in fondo il significato reale di quella operazione. Essa era volta per un verso a offrire una carta di ricambio a un regime, quello berlusconiano, oramai logorato e screditato a livello sia intero che internazionale. Per un altro a mantenere tale ricambio nei limiti delle compatibilità imposte dai poteri finanziari dominanti e dalle forze egemoni a livello europeo, innanzitutto la Merkel. Per un altro ancora a impedire elezioni immediate che avrebbero senza dubbio sancito la fine ingloriosa e definitiva di Berlusconi e del Pdl. A un anno e mezzo di distanza è a tutti chiaro quanto all’epoca avevamo affermato, e cioè che il conferimento del mandato a Monti era volto ad offrire un’ancora di salvezza anche e soprattutto a Berlusconi che infatti ha potuto giovarsi di questo periodo per recuperare in vario modo una propria presenza a livello della società italiana stressata dalle politiche antipopolari e della macelleria sociale di Monti.

E oggi? C’è da ritenere e temere  che Pd e Pdl veleggino verso un nuovo inciucio. Forze importanti dentro il Pd stanno preparando in modo alacre e consapevole tale esito. Che avrebbe evidentemente un suo preciso passaggio a livello di elezione presidenziale. Non sono mai stato un teorico del tanto peggio tanto meglio e quindi penso che esso vada combattuto ed evitato per quanto possibile.

Il tormentone del presunto conflitto tra politica e magistratura non può nascondere il vero problema, e cioè l’esigenza di chiamare a rendere conto tutta quella parte del ceto politico (Berlusconi ma non solo lui) che si è giovata delle immunità vere o presunte per farsi gli affari propri a scapito della nazione. La magistratura deve essere oggi  messa in condizione di poter svolgere a pieno il proprio ruolo di garanzia dello Stato di diritto reprimendo tutti i comportamenti devianti. Come e più che ai tempi di “mani pulite“, considerando anche il peso economico della corruzione e la necessità di depurare la democrazia dalle incrostazioni di potere parassitario che rischiano di mandarla a ramengo e che hanno nel sistema dei partiti attuale, che è con ogni evidenza degenerato rispetto ai dettati costituzionali e nei suoi rapporti con i cittadini,  un preciso focolaio di infezione. La democrazia italiana va oggi rilanciata tornando allo spirito originario della Costituzione e potenziando taluni suoi aspetti qualificanti: eguaglianza formale e  sostanziale, unità nazionale, democrazia partecipativa, estensione e qualificazione della cittadinanza attiva.

Occorre quindi che il nuovo o la nuova presidente della Repubblica sia figura che, in questa chiave, si faccia effettivamente e pienamente delle istanze di rinnovamento espresse dal corpo elettorale.  Ci sono varie persone in grado di simboleggiare questo rinnovamento: da Stefano Rodotà a Margherita Hack a Salvatore Settis, per fare solo qualche nome… 

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