Il comandante Grillo ha detto, una volta: «Tutti diventeremo più poveri, per questo bisogna essere più solidali». È vero, saremo più poveri, anzi lo siamo già: ammetterlo è segno di onestà intellettuale. Casaleggio, del resto, lo dice più apertamente ancora nel libro scritto con Fo e Grillo da me citato nell’ultimo post: che mi è costato, oltre alle solite minacce, inedite accuse di «tristezza», come se fossi io a essere triste e non quel che scrivono loro, da me solo riportato. Anche l’economia è chiamata la triste scienza: ma non è una buona ragione per fregarsene, come se riguardasse solo i banchieri. Certo, l’accenno finale al resort in Costarica potevo risparmiarmelo: ma sono un po’ stufo di sentir pontificare i guru come se fossero gli unici al mondo a non avere scheletri nell’armadio.

Siamo già più poveri, dunque, e dovremo confrontarci con i problemi della decrescita: ecologia, energie rinnovabili, riciclaggio dei rifiuti. Ma saremo anche più solidali? A occhio e croce no, è proprio quando ci s’impoverisce che cominciano le guerre fra poveri; del resto, Grillo non dice che saremo più solidali ma che dovremmo esserlo, come si fa a non concordare? Su questo, però, mi piacerebbe sentire il parere di Casaleggio, con il quale Grillo s’è diviso i compiti di poliziotto buono e poliziotto cattivo. Non è un personaggio equo-e-solidale, il Gianroberto: appena nel MoVimento s’è affacciata l’ipotesi di essere solidali con il paese, permettendo di formare un governo, ha subito minacciato di andarsene, costringendo Grillo a fare altrettanto.

I due, in effetti, ricordano Mignolo e il Prof, i due topolini di laboratorio dei cartoni animati della Warner: il primo sventato ma curioso e dotato di ligure buonsenso (sono genovese anch’io…), l’altro geniale e apocalittico («Cosa faremo stasera, Prof? Quello che facciamo tutte le sere: cercare di conquistare il mondo»). Intanto, la disoccupazione cresce, la speculazione incalza, ci sarebbe da fare un governo rispettando la Costituzione, ossia trovando una maggioranza che voti la fiducia anche al Senato. Nessuno chiede al MoVimento di allearsi con il Pd, basterebbe una fiducia tecnica a un governo qualunque (di minoranza, di scopo, del Presidente, del primo che passa), fiducia che potrebbe ritirarsi in qualsiasi momento, ma intanto tireremmo tutti un respiro di sollievo.

Come farglielo capire? Gli strateghi del Pd si stanno scervellando: offrire poltrone no, con loro non attacca, degli otto punti di Bersani non gliene potrebbe fregare di meno, non si può neppure supplicarli di prevenire la crisi dello Stato, l’impossibilità di pagare stipendi, pensioni e debito pubblico, perché loro la crisi l’hanno prevista, credono che in quel caso tutti voteranno loro, e non quelli di prima, o magari la camorra. Forse bisognerebbe dirglielo con le stesse parole con cui Lawrence d’Arabia, durante l’insurrezione araba, convinse il capo beduino Auda a partecipare all’attacco di Aqaba: «Gianroberto, non permetterai di formare un governo perché tutti te lo chiedono, o per l’Italia, o per prevenire il disastro. Lo permetterai perché questo è il tuo piacere».

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