La prima mossa è di diritto. E spetta al segretario. Ma le strategie interne al Partito democratico sono già iniziate, perché nessuno crede che Bersani riuscirà nel suo intento: quello di convincere Grillo ad appoggiarlo. Ma lui ci vuole provare: proporrà al capo dello Stato un’ipotesi di governo Pd-M5S. E lo dirà oggi nella direzione nazionale del Pd, dove però si presenterà con una maggioranza interna non più a prova di bomba. Sa che il suo piano è di difficile attuazione, perché Grillo ha già fatto intendere che non ci sta. Ma ci proverà comunque e se il tentativo fallirà, è pronto a farsi da parte, anche subito, pur di non tornare alle urne. Unica condizione: mai un accordo tra democratici e Silvio Berlusconi, specie dopo gli sviluppi dell’affaire De Gregorio. Un paletto, insomma, dal quale passa la credibilità del partito. 

In un quadro del genere, fari puntati su Matteo Renzi, lo sconfitto delle primarie che già si comporta da leader. Ieri è arrivato a Roma ed è andato da Monti. “Incontro istituzionale” hanno detto, ma è durato due ore ed è difficile pensare che abbiano parlato solo di Firenze e dell’abolizione del piano di stabilità per i comuni. L’ex rottamatore, del resto, oggi sarà presente alla riunione della direzione nazionale. Di più: interverrà dal palco. Non vuole pugnalare Bersani, gli sarà fedele perché non vuole essere cooptato ora per fare il premier: “Ho perso le primarie, semmai ci riproverò”. Ma lancerà un’opa sul partito con sguardo al governo: presenterà un’agenda di quattro punti per sfidare Grillo, “perché la campagna elettorale ce la siamo fatti imporre da Berlusconi, ora  non possiamo inseguire il M5S“. Un poker di riforme: abolire il finanziamento pubblico ai partiti, cancellare i vitalizi ai parlamentari, trasformare il Senato in Camera delle autonomie (con senatori designati e pagati dagli enti locali) e abolire le Province. Tutti argomenti non distanti dal programma dei 5 Stelle (anzi), ma con parole più chiare e dirette rispetto a quelle utilizzate da Bersani, che a sua volta illustrerà un programma di otto punti sui temi annunciati all’indomani del voto (corruzione, Europa, green economy, costi della politica, lavoro, giovani).

Poi andrà da Napolitano, cercherà di avere un mandato esplorativo dal presidente e tenterà l’impossibile: convincere l’ex comico genovese. Tentativo disperato a cui non crede nessuno, tanto che il dopo Bersani è già partito. E non solo all’interno del Pd. Vendola, ad esempio, vorrebbe provare a fare da ponte con Grillo per tentare la strada di un governo anti-tecnico con personalità di alto respiro politico. Difficile, ma forse non impossibile dopo l’elezione del presidente della Repubblica. Più praticabile la via di un nuovo governo tecnico e in tal senso si fanno i nomi dell’ex ministro Cancellieri e del direttore generale di Bankitalia Saccomanni come ipotetici capi del governo. Ipotesi, a cui se ne aggiunge un’altra, sempre più plausibile: tornare a votare. Il Partito democratico non vorrebbe, ma le scorciatoie sono ardue e piene di ostacoli. E non è detto che risolverebbe la situazione, specie se si tornasse alle urne con il Porcellum.

Anche di questo ha parlato Renzi ieri a Ballarò. Dopo il risultato elettorale ”mi sono mangiato le mani: abbiamo buttato fuori un calcio di rigore”. Il sindaco di Firenze non ha nascosto la sua rabbia per l’esito del voto ma non ha voluto infierire su Bersani. “Credo che Bersani abbia diritto a fare la prima mossa”, ha detto l’ex rottamatore, per il quale il tentativo di Bersani di intesa con Grillo è “molto molto difficile ma – ha sottolineato – ha diritto di provarci”. “Spero ci riesca”, ha aggiunto, “ma deve avere tutto il Pd dietro”. “Bersani – ha proseguito – non ha bisogno dei miei consigli, ci ho parlato il giorno dopo le elezioni: credo domani presenterà la sua proposta e tutto il Pd credo gli andrà dietro, gli dirà ‘Ci siamo’ e se non va in porto e colpa di Grillo”. Quanto all’ipotesi di un nuovo voto a breve, Renzi ha osservato: “E’ una possibilità concreta, certo, ma è la soluzione meno auspicabile”. Renzi premier? “E’ un’ipotesi che non sta nè in cielo nè in terra – ha risposto a Floris  -: secondo lei dopo aver perso le primarie passo dall’uscita di servizio?”. Renzi ha poi ribadito che non intende “accoltellare” Bersani: “Già ci sono troppi giaguari e tacchini non possiamo permetterci le jene del giorno dopo”. “Farò qualcosa quando vincerò: è anche questa la credibilità della politica”, ha rimarcato Renzi.

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