In assenza di un accordo con gli azionisti di risparmio A di Fondiaria Sai, la nascita della grande Unipol è a rischio. Senza contare la mina delle potenziali conseguenze economiche e giudiziarie della battaglia legale ormai in corso. Le basi giuridiche su cui poggia uno dei passaggi chiave dell’acquisizione della compagnia dei Ligresti da parte del gruppo delle Coop, si stanno infatti rivelando sempre più fragili, come evidenziano le rivendicazioni dei soci. E la conferma del fatto che la battaglia sarà dura come si preannunciava il 15 febbraio, quando è stata richiesta la convocazione di un’assemblea dei soci di questa categoria per contestare la lesione dei diritti degli azionisti e prendere le relative contromisure, arriva dalla relazione del rappresentante comune, Dario Trevisan, pubblicata oggi (leggi qui il testo integrale).

Il documento analizza a fondo tutti i termini della violazione e propone di bocciare le deliberazioni dell’assemblea straordinaria FonSai del 27 giugno scorso, inclusa quella sull’aumento di capitale da 1,1 miliardi di euro che era necessario al ripristino del margine di solvibilità della compagnia e soprattutto funzionale al piano di integrazione con Unipol e chiederà di avviare azioni legali per far “rimuovere e/o dichiarare inefficaci” gli effetti delle stesse. 

Secondo Trevisan, infatti, ricorrendo la fattispecie del pregiudizio dei diritti degli azionisti di risparmio di categoria A, “la procedura seguita dalla Società non risulta in linea con il dettato normativo, non avendo l’assemblea speciale approvato le deliberazioni dell’assemblea straordinaria”, come si legge nella relazione.  E in mancanza di approvazione della deliberazione già adottata da parte dell’assemblea generale da parte dei soci di risparmio A, per alcuni orientamenti dottrinali quest’ultima sarebbe invalida.

“A tale orientamento si affianca la tesi della cosiddetta inesistenza e/o nullità che parte, invece, dall’assunto che, ancorché l’assemblea dei soci ordinari approvi un’operazione lesiva dei diritti degli azionisti “speciali”, non si sia comunque compiuto integralmente l’iter formativo della volontà sociale, il quale verrebbe a formarsi solo a conclusione di un procedimento complesso. Tale procedimento si perfezionerebbe con l’approvazione della delibera da parte dell’assemblea speciale. In assenza di questo iter la volontà sociale non potrà dirsi formata e quindi venuta ad esistenza, anche in applicazione dell’art. 2379 cod. civ. che sancisce la nullità delle deliberazioni nei casi assimilabili di mancata convocazione dell’assemblea. Tale inesistenza comporterebbe la conseguenza che la delibera dell’assemblea dei soli soci ordinari non potrebbe essere eseguita dagli amministratori pena la loro responsabilità“, argomenta Trevisan.

“A ciò si aggiunga come sia ricorrente, sia in dottrina che in giurisprudenza e sulla scia della teoria del Prof. Avv. Mignoli, anche la tesi che l’approvazione da parte dell’assemblea speciale costituisca condizione di efficacia della delibera dell’assemblea dei soci ordinari, e che, quindi, in caso di mancata approvazione – proprio come nel caso in esame – ci si trovi di fronte ad una ipotesi di “inefficacia relativa”: la delibera dell’assemblea generale, in altri termini, non produrrebbe effetto per la categoria sino a quando non sia intervenuta l’approvazione da parte dell’assemblea speciale. L’inefficacia deriverebbe, quindi, dalla carenza di potere della Società a disporre di diritti “altrui” e verrebbe rimossa solo dal sopraggiungere dall’approvazione da parte dell’assemblea speciale”, continua l’avvocato.

Non solo. “In caso di assenza della delibera dell’assemblea speciale ed in presenza del pregiudizio, dunque i soci di categoria potrebbero agire per ottenere la declaratoria di inefficacia e/o invalidità e/o inopponibilità della delibera dei soci ordinari e l’eventuale sospensione di questa, ferma restando l’inopponibilità dell’inefficacia ai terzi di buona fede che abbiano acquistato diritti in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera inefficace. Peraltro non si esclude che i soci singolarmente potrebbero agire per il risarcimento del danno, laddove ne ricorressero i presupposti e quest’ultimo fosse provato”, aggiunge.

Trevisan ritiene quindi opportuno da una parte impugnare e/o contestare ai sensi di legge – in ogni sede giudiziale, amministrativa, nessuna esclusa – gli effetti delle deliberazioni assembleari del 27 giugno, scelta che appunto non sarà priva di effetti sul complessivo processo di fusione tra Unipol e FonSai, dall’altra “di dover affidare un incarico professionale a uno studio legale e/o ad un advisor, onde poter porre in essere tutte le relative iniziative e/o azioni legali necessarie e/o funzionali a tali scopi ed in definitiva a quello di rimuovere e/o dichiarare inefficaci gli effetti delle deliberazioni suddetta”.

Ostacoli anche al piano di riduzione dell’organico che preve almeno 2.240 esuberi post fusione. “La struttura industriale di FonSai è sana e dotata di personale giovane e qualificato non è pensabile far pagare ai lavoratori gli errori delle gestioni passate, che hanno sottratto valore all’impresa. Bisognerà convocare l’amministratore delegato di Unipol Carlo Cimbri, per entrare nel merito del piano industriale che non può far ricadere i costi della fusione sui livelli occupazionali”, hanno detto questa mattina gli assessori al Lavoro e alle attività industriali della Provincia di Torino Carlo Chiama e Ida Vana che,hanno partecipato al tavolo presso la regione Piemonte con le rappresentanze sindacali del gruppo Fondiaria Sai.

“Le amministrazioni locali, insieme ai sindacati, – aggiungono i rappresentanti della Provincia di Torino – sono disponibili a ragionare sulla valorizzazione dell’intera filiera, a partire dal settore della rc auto, per mantenere la sede a Torino e garantire l’occupazione“. Ha rincarato la dose il governatore del Piemonte, Roberto Cota. “Unipol non può pensare di portare tutto a Bologna. Non possono pensare di andare via da Torino senza conseguenze e glielo faremo capire”, ha detto. “Vogliamo costruire un fronte istituzionale – ha sottolineato – per fare in modo che la paventata operazione non colpisca il nostro territorio e le sue professionalità: il ramo assicurativo Sai è sempre andato bene. Per questo motivo abbiamo chiesto un incontro con l’ad per evidenziare la vocazione del territorio in questo settore, che il Piemonte ha sempre avuto e che non c’è ragione di portare via da Torino”. Sono circa 1.500, in Piemonte, i lavoratori coinvolti nella riorganizzazione del gruppo in base al piano industriale successivo alla fusione di FonSai in Unipol. Di questi, soltanto 1.200 a Torino e altri trecento nel resto della regione.

Male, infine, anche la Borsa, dove Unipol ha iniziato la settimana con un calo dell’1,59% a 0,028 euro (-69,64% il saldo dell’ultimo anno), mentre FonSai ha guadagnato l’1,29%. A picco, poi, il creditore di entrambe le compagnie, Mediobanca, che ha perso più del 4 per cento e che da martedì 26 febbraio, giorno della diffusione dei conti semestrali, ha bruciato quasi il 20% del suo valore. 

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