Caro Bersani,
io non so se in questi giorni lei è stato a prendere un caffè in un bar qualsiasi, a fare la coda in ospedale o al mercato tra la gente. Siamo ancora gli stessi italiani che votavano qualche anno fa il centrosinistra, che per anni hanno turato il naso sperando che avreste messo mano ai costi della politica, che avreste fatto una legge elettorale come voleva Giorgio Napolitano, che avreste abbandonato la politica degli inciuci, le riunioni di caminetto, gli accordi con il sindacato per occuparvi di noi e non delle vostre candidature.

Siamo quegli italiani che non ce la fanno più: siamo i giovani precari che ogni anno perdono il posto di lavoro, siamo quegli anziani con pensioni da 500 euro, siamo quei giovani che sono costretti a partire per la Germania o per la Cina per trovare un posto fisso, siamo quei genitori che devono portare a scuola la carta igienica e i gessi. Siamo sempre noi, segretario.

Siamo cresciuti leggendo Gramsci, guardando Berlinguer, con il poster di Sandro Pertini appeso in casa. Venivamo in piazza con voi con la bandiera della pace per dire no alla guerra, alle spese militari. Siamo diventati grandi percorrendo i cento passi di Peppino Impastato, guardando con ammirazione i nostri padri che avevano fatto il sessantotto. Abbiamo letto Mario Capanna, giravamo con sotto braccio “Il Manifesto” e “L’Unità”. C’eravamo nel 1992 quando uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: abbiamo sognato di far camminare le loro idee sulle nostre, vostre gambe. Qualcuno di noi ha militato, ha provato ad entrare nei partiti. Ha visto nascere il Partito Democratico, “la Sinistra l’Arcobaleno”. Può dire con orgoglio o con rammarico: “io c’ero”. Abbiamo urlato con Nanni Moretti nel 2002 “Con questi dirigenti non vinceremo mai”.

Siamo di sinistra, di centrosinistra. Non eravamo “grillini”. Poi non ce l’abbiamo più fatta. Non ce la facevamo più a vedere che i soliti volti, a Bologna come a Crema come a Palermo, venivano candidati onorevoli, Senatori dopo essere stati consiglieri regionali, presidenti di qualcosa. Non ce l’abbiamo più fatta a vedere che il nostro Stato non era più governato da persone normali che prendono il treno con noi, che hanno un lavoro, un Tfr che non arriva mai, un’azienda da portare avanti. Ci siamo sentiti abbandonati.

Ma le assicuro che siamo ancora noi e vorremmo un altro centrosinistra, vero, nuovo, che dia spazio ai volti giovani e belli del Paese, a quell’Italia che non si arrende, che alza la testa nei quartieri più difficili, che vive supplendo lo Stato con il volontariato, andando ogni notte tra i clochard delle stazioni, aprendo sportelli della Caritas per chi non ce la fa a pagare le bollette. Segretario, la prego, si faccia da parte perché un altro centrosinistra noi lo vogliamo.

Alex Corlazzoli, maestro precario

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