Lo hanno contattato, ma anche questa volta ha risposto no. “Motivi personali, ognuno vive il lutto a modo suo”. Così, il principe della canzone italiana, Francesco De Gregori, ha risposto a Bologna che lo aspettava il 4 marzo in piazza Maggiore per l’anniversario del concerto che quella sera la Rai manderà in onda. Un rifiuto che era nell’aria, chi mastica musica da dietro al palco sa quanto sia difficile smuovere De Gregori. L’umore era stato già testato. Non si sarebbe presentato a quella passerella facile che fu il funerale di Lucio, non si presenta un anno dopo, non perché non gli manchi l’amico, anzi. Semplicemente perché è la sua buona o cattiva strada, quella che ha scelto. Legittimo.

A Bologna, però, lautamente pagato dal quotidiano la Repubblica, si era esibito nella scorsa primavera. Piazza Maggiore anche quella volta, dieci metri dalla casa di Lucio, ma era una platea del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e controllato dall’ingegner De Benedetti, appunto. Dalla non c’entrava assolutamente niente.

“Ognuno vive il lutto a modo suo”, ha giustamente detto De Gregori. Una giustificazione che passi per il funerale, al concerto che ricorderà Lucio a un anno dalla sua scomparsa non ci sono giustificazioni. La prima cosa che viene in mente è che forse la Rai – che trasmetterà lo spettacolo – non lo avrebbe pagato quanto ha potuto De Benedetti. Questa è una giustificazione. Altrimenti lasciare gli orfani di Dalla senza la sua metà – perché il concerto è per chi rimane – è un atto di poco rispetto per tutti quelli che sono cresciuti a pane e Banana Republic.

Banana Republic, appunto, il concerto che De Gregori e Dalla, insieme al sempre sottovalutato Ron, hanno reso una pietra insostituibile nella storia della musica italiana. Così simili, tutti e tre, e così diversi, da rendere magico un repertorio che da 4/3/1943 passava per Anna e Marco, Bufalo Bill, Niente da capire, Cosa sarà e Come fanno i marinai. Viene il magone solo a pensarci, perché fu quello che la musica italiana, uscita dal Settantasette, non poteva chiedere di più. Non fu solo una tournée, ma una faccenda di colori, di amicizia, di musica, balli e vino. Andatevi a rivedere il film che ne uscì fuori, e scoprirete un De Gregori meno malinconico di sempre, capace addirittura di grandi risate.

Io che con quella musica, quella di De Gregori che non di Dalla, a dirla tutta, continuo a non perdonargliela. Doveva esserci. Lo avrebbe dovuto al suo pubblico, me compreso. Per questo lo scrivo, ci metto la faccia e gli recapito la mia seconda (inutile) requisitoria a distanza di pochi mesi. Non c’è nessuna giustificazione per dire no: hanno aderito Ron, Renato Zero, Fiorella Mannoia (Lucio, chissà perché la chiamava Rosalba), Claudio Baglioni. Avrebbe potuto fare un piccolo sforzo. Per chi lo ascolta, non per Dalla che è andato a fare musica altrove e chissà quanto si diverte.

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