Niente più omicidi, niente più violenze eclatanti. Gli ordini oggi sono precisi: inabissarsi e mimetizzarsi. Navigare per fiumi carsici e rispuntare lindi, puliti, specchiati. Politica e impresa rappresentano l’ultima tappa della rotta. E’ la ‘ndrangheta che “abita” la Lombardia. Che si plasma sul tessuto sociale, cambia pelle, costituendo “le fondamenta della città”. Quale? Milano, naturalmente. Definizione che spiazza, inquieta e allarma. Parole che danno il titolo al libro di Giuseppe Gennari, giudice del tribunale di Milano, magistrato tosto, preparato e coraggioso, che dal suo ufficio al settimo piano del Palazzo in questi ultimi anni, come giudice per le indagini preliminari, ha firmato arresti per decine di presunti mafiosi. Esperienza sul campo, dunque. Informata e consapevole, il cui precipitato sta tutto in 240 pagine di un libro (edito da Mondadori) densissimo di storie, personaggi e verità ancora troppo nascoste. Il primo vero manifesto sulla presenza dei compari calabresi in riva al Naviglio che sarà presentato al pubblico il 27 febbraio 2013 alla Feltrinelli di piazza Duomo alle 18. 

NUOVI REATI E GEMELLAGGI CON LO STATO
La ‘ndrangheta in Lombardia. Proviamo a capire, seguendo il ragionamento di Gennari. Primo dato. Come sopra: la mafia calabrese cambia e si evolve. Per questo, ragiona il magistrato, “oggi bisogna andare a cercare i reati spia della presenza di un’organizzazione mafiosa. Reati da colletti bianchi come bancarotta, evasione fiscale, violazioni ambientali, corruzione, intestazioni fittizie di società. E poi, da lì, riavvolgere con pazienza il nastro, fino a risalire a chi tira le fila da dietro”. Basta? No. “E’ indispensabile avere la capacità di leggere i flussi finanziari, seguire e ricostruire movimenti di denaro e capire cosa c’è di sospetto. Soltanto in questo modo si riesce non solo ad arrestare le persone, ma anche a colpire i patrimoni illeciti, che è di gran lunga la cosa più efficace”.

Cambiano i reati e si complicano le dinamiche sul territorio. Oggi, infatti, in Lombardia il vero valore aggiunto della ‘ndrangheta “sta nella capacità di creare un tessuto connettivo che invischia professionisti, imprenditori, politici, pubblici amministratori, direttori di banca, uomini delle istituzioni in una ragnatela inestricabile di scambi e favori reciproci”. Legami, che il pentito Antonino Belnome, chiama “gemellaggi con lo Stato”.

LA POLITICA, VOTI E PREFERNZE. CONTA IL POTERE
Si diceva: verità nascoste. La politica, ad esempio. Quella lombarda, con la quale “la ‘ndrangheta cerca sempre un rapporto e sempre lo trova. Destra o sinistra non conta niente, conta chi è al potere e può favorire l’organizzazione”. E del resto “le indagini milanesi degli ultimi anni sono affollate da consiglieri, assessori di ogni livello, aspiranti candidati a questa o quella elezione che sono ben contenti di chiedere voti dove pensano di poterne trovare in abbondanza”. Un discorso, quelle delle preferenze, di strettissima attualità visto che il prossimo 24 febbraio i cittadini lombardi saranno chiamati a rinnovare il consiglio regionale. Ai nastri di partenza tanti politici, non tutti di prima fascia. “E chi non ha la fortuna di finire nei listini bloccati per qualche merito speciale – scrive Gennari – deve essere eletto attraverso le preferenze personali. Bisogna conquistare, una dopo l’altra, centinaia di persone disposte a scrivere proprio il tuo cognome nella scheda elettorale”. In terra padana un voto della ‘ndrangheta vale circa 50 euro. Il tabellario sta scritto nell’inchiesta della Dda che il 10 ottobre 2012 ha portato in carcere l’ex assessore regionale Domenico Zambetti (ascolta le intercettazioni).

ZONA GRIGIA, UNA TRUPPA DI IMPUNITI
Politica, ma non solo. All’appello dei boss rispondono tante altre categorie di professionisti. E tutti compongono “quella melmosa zona grigia di uomini perbene, che circonda e alimenta gli interessi dell’organizzazione mafiosa”. Una truppa di impuniti che “riesce quasi sempre a farla franca”. E questo nonostante il professionista faccia qualcosa “di molto importante per l’organizzazione, perché fornisce le competenze specifiche per consentirle di proliferare, conservare e moltiplicare i suoi guadagni”. Complici, ma innocenti. Perché? Risponde Gennari: “Non esiste una legge che consente di perseguire in modo efficace queste persone. E probabilmente sono in molti a preferire che non esista”. Tanto per capire: oggi resta valido l’articolo del codice penale che punisce il concorrente esterno alla cosca. Per arrivare a una condanna, però, bisogna accertare che il contributo all’associazione è stato fondamentale. Scrive Gennari: “Al di sotto di questo livello, senza dubbio molto elevato, non c’è punizione”. Spiega: “Questo significa che se un politico stringe un patto elettorale con il boss locale ma poi non viene eletto o, una volta eletto, non riesce a garantire alcun vantaggio serio alla cosca, non commette nessun reato”. Domanda: “Quale Paese può accettare un politico che chiede i voti alla mafia o che frequenta stabilmente mafiosi?”

ASSOCOMPARI E GLI IMPRENDITORI LOMBARDI
Verità scomode, oltre che nascoste. E se la politica ancora deve capire “che è necessario fare pulizia al suo interno, ben prima dell’inutile arrivo della cavalleria giudiziaria”, non meno colpevoli appaiono gli imprenditori in terra di Lombardia. “Nella regione dei finti anticorpi e dei furbi che si credono più furbi di tutti, nessuno si rende conto di quale sia la potenza reale della ’ndrangheta”. Il libro passa in rassegna diversi casi di connivenza, tutti accomunati dal fatto che “la ’ndrangheta offre servizi. Gestiti all’occorrenza con metodo mafioso, ma pur sempre servizi di prima qualità. E poi, in fondo, ai clienti di Assocompari il metodo non interessa tanto: interessa il risultato, e quello è garantito”. Il gioco è semplicemente quello della domanda e dell’offerta. Gioco che però diventa perverso se a offrire servizi ci sono i boss.

A CHI SERVE LA ‘NDRANGHETA PADANIZZATA? 
Sullo sfondo c’è la crisi economica e le banche che riducono i prestiti. Ma in Lombardia non c’è solo questo. Il libro è chiarissimo. Per Gennari, infatti, “le mafie seducono il desiderio diffuso di quella illegalità che ti mette un passo davanti agli altri. Senza alcun merito particolare”. Conclusione: “È stato così che, al Nord, la ’ndrangheta si è padanizzata: ha capito che il modello economico e imprenditoriale lumbard non va tanto per il sottile con regole e regoline. Per molti l’importante è solo incrementare gli affari e creare relazioni utili e utilitaristiche. Non importa come o tramite chi”. Poi, un pensiero che il giudice lascia nero su bianco. “La mafia c’è semplicemente perché c’è mercato per i suoi servizi. L’amara constatazione che chiude ogni inchiesta, almeno per quanto mi riguarda, è che ci sono tante persone che traggono vantaggio dall’esistenza della mafia. Persone che non hanno alcun interesse a denunciare nulla. Persone che la legge non potrà mai punire perché il loro delitto è l’opportunismo”. Perché oggi in Lombardia la ‘ndrangheta non rappresenta un contagio. “Al nord il corpo sano non c’era e non c’è. E il virus ha intaccato un ambiente che ha spesso fatto coincidere i propri interessi con i servizi offerti dalla ’ndrangheta”. L’elenco? Corruzione, evasione fiscale, reati ambientali. In questo libro, il pensiero del magistrato si libera dei limiti giudiziari. E così la narrazione incrocia storie da romanzo criminale, come l’epopea dei ragazzi del bar Ebonye di don Pepè Onorato, ma anche lunghi brani di analisi che aiutano a comprendere finalmente la presenza della ‘ndrangheta in Lombardia. Presenza che non è colonizzazione. Presenza, Gennari lo scrive chiaramente, che non si esaurisce con il concetto di “Lombardia” come mandamento mafioso. Quello, ragiona, è un contenitore valido, ma non del tutto esauriente.

NIENTE PIU’ CERTEZZE
Milano provincia di ‘ndrangheta. E piazza privilegiata che fa gola alle cosche. Spiega Gennari: “La città non è interessante come piazza finanziaria, ma come piazza economica”, perché “ciò che vi attira le organizzazioni criminali come fossero mosche è la quantità di denaro reale che viene movimentata, quotidianamente, in comuni operazioni commerciali”.

Insomma, leggere questo libro significa anche essere disposti a perdere qualche certezza. Capire, ad esempio, che per anni l’establishment lombardo ha giocato con i cittadini al gioco del non vedo, non sento, non parlo. E all’omertà. Gennari dedica un intero capitolo. Un’omertà che “ha tanti altri nomi, come convenienza, opportunismo, calcolo. Soprattutto al Nord”. Qualche numero per capire: 130 attentati mafiosi tra il 2008 e il 2010. Denunce: zero.

 

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