Salgono gli stipendi della classe dirigente italiana, mentre i bonus diventano una fetta sempre più incisiva nei compensi dei manager alla guida delle aziende maggiori. La remunerazione media degli amministratori – secondo un report di Assonime, l’associazione che raggruppa le società per azioni italiane quotate a Piazza Affari – è stata di 233mila euro nel 2012, il 3 per cento in più dell’anno precedente. In cima alla lista ci sono amministratori delegati e presidenti esecutivi, che hanno portato a casa uno stipendio medio superiore a 800mila euro, mentre la busta paga degli altri consiglieri esecutivi è stata di 434mila euro. Seguono i presidenti non esecutivi con 323mila euro, i vicepresidenti con 238mila, gli amministratori non esecutivi con 79mila e gli indipendenti con 55mila.

Il rapporto, precisando che la remunerazione degli amministratori varia in relazione a dimensione aziendale e settore, sottolinea che nelle società maggiori pesa sempre più sui compensi dei manager la componente variabile, con i bonus che corrispondono al 45 per cento del totale, contro il 12 per cento nelle piccole società. Cala, invece, il peso della componente fissa dello stipendio, al 40 per cento nei grandi gruppi contro il 66 per cento nelle piccole aziende. Nel settore finanziario, invece, l’andamento è invertito. Il peso della componente variabile è in diminuzione, dal 30 al 10 per cento del totale, mentre sale la quota fissa dei compensi. Nei settori non finanziari, all’opposto, i bonus sono cresciuti dal 15 al 30 per cento del totale.

Assonime, nella dodicesima edizione del rapporto sulla corporate governance (il sistema di governo) delle società quotate in Italia, segnala anche un aumento della trasparenza nelle aziende quotate. “La trasparenza sulla governance delle società è di livello elevato, anche rispetto al panorama internazionale”, afferma l’associazione, presieduta da Luigi Abete, sottolineando che il 95 per cento delle aziende dichiara l’adesione al Codice di autodisciplina delle società quotate e che l’adesione alle singole raccomandazioni del codice sfiora in molti casi il 100 per cento. L’indagine di Assonime, che copre 255 società italiane quotate al 31 dicembre 2011, segnala infine che “l’informazione è di buona qualità anche dove emergono situazioni di non compliance, che risultano evidenziate con chiarezza agli investitori”.

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