Quando ero piccolo “la Sita”, a Salerno, era un enorme deposito coperto sul Lungomare, uno dei più incredibili luoghi dove attendere un autobus. Al piano strada di un condominio di 7-8 piani: biglietteria, cartellone degli orari, bar, fumo e autobus che parcheggiavano e andavano via sgasando.

Da diversi anni, in quello spazio, c’è la filiale di una banca.

Quando era estate, a Salerno, “la Sita” era l’autobus blu che per una cifra accettabile ci portava verso la Costiera amalfitana: Vietri, Cetara, Maiori, Minori, Amalfi… Ti fidavi degli autisti perché “sapevano prendere le curve”, che detta così sembra anche una cazzata, ma ne abbiamo visti di bus tedeschi rimanere incastrati tra Amalfi e Ravello in attesa che uno dei due guidatori risolvesse la delicata faccenda. Se l’autobus della Sita era in coda con loro c’era sempre il vecchietto che chiedeva all’autista di scendere e “fargli fare manovra”.

Quando ci fu il terremoto dell’Irpinia, mio padre era su un bus della Sita diretto a Napoli e rivolto all’autista disse: “Guarda questo come cazzo guida!”. Ma era il terremoto.

Quando frequentavo, da Salerno, l’università Orientale di Napoli “la Sita” era il bus delle meno dieci. Mi raccattava nella traversa di Via dei Fiorentini, tra il Maschio Angioino e la Galleria, e mi riconsegnava un’ora e 54 chilometri dopo a Salerno. A volte, per sbaglio, finivo sulla linea per i paesi, e (imprecando) in una mezzora in più giravo Pompei, Scafati, Angri, Nocera, Pagani, Cava dei Tirreni.

All’epoca – non so se esiste ancora o se è stata soppressa per la eccessiva crudeltà – c’era anche la terribile linea Napoli-Amalfi che faceva il valico di Chiunzi (la montagna che separa l’area napoletana dalla Costa d’Amalfi) e dopo due ore e mezza abbondanti di curve, montagne, saliscendi e frenate ti portava, budella in mano, dal capoluogo campano all’ex repubblica marinara.

Non vivo più a Salerno da qualche anno, ma quell’autobus blu, con la scritta bianca e l’aquila stilizzata me lo rappresento quasi come un pezzo della famiglia.

Da notizie di stampa apprendo che la Sita minacci di portare via dalle province di Napoli, Salerno e Avellino i propri bus (nel frattempo diventati verdi e bianchi) e di iniziare le procedure di mobilità del proprio personale dal primo di marzo. La questione è un contratto di servizio, che, affermano dall’azienda, non copre il costo dello stesso.  

Da notizie di stampa apprendo anche che l’Anm di Napoli riesce a fermarsi perché non c’è gasolio. E che il Cstp di Salerno è mezzo fallito per cui capita che i mezzi pubblici passino a caso o non passino affatto.

Insomma, da dieci anni a questa parte, il diritto alla mobilità, in regione Campania, è diventato un lusso che si può solo ricordare.

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