L’irruzione in campagna elettorale, qualche giorno fa, della libertà su cauzione per di più lanciata da Palermo, forse con un pensiero di profonda gatitudine per “i perseguitati” non ricandidati, immolati al Moloch del giustizialismo e meritevoli di tutela, è passata un po’ sotto silenzio nella girandola delle offerte berlusconiane.

Come non ha avuto rilievo la concidenza che questa singolare proposta, dissonante con la nostra attuale legislazione processuale e con i presupposti della custodia cautelare, sia arrivata alla vigilia dell’anniversario di Mani Pulite, e cioè a 21 di distanza dall’arresto di Mario Chiesa, “il mariuolo” ormai obsoleto della prima Tangentopoli.

E’ un’ulteriore prezioso tassello che va a comporre l’offerta del Pdl sul fronte della giustizia dopo l’ennesimo annuncio del ripristino dell’autorizzazione a procedere per gli eletti che il Parlamento degli inquisiti ritenne “opportuno” abrogare nel ’93 sotto una incontenibile pressione popolare.

Berlusconi con ammirevole tempismo fa simili proposte, rivolte ovviamente ad un delimitato segmento dell’elettorato a lui vicinissimo e da lui indivisibile, mentre l’Italia degli scandali è arrivata ben oltre gli scenari descritti puntualmente da tempo da Beppe Grillo, bollati come frutto della sua foga populista e distruttiva.  

Almeno fino a poco tempo fa. Perché oggi, mentre le sue piazze sono sempre più gremite, a Verona come a Torino e Milano e come avverrà a Roma per la chiusura della campagna elettorale, sta succedendo qualcosa di lievemente diverso.  

Gli avversari, soprattutto il Pd di Bersani sono più cauti nell’attaccarlo frontalmente e si attestano sullo “scouting” nei confronti dei militanti M5S prossimi parlamentari, mentre i commentatori anche quelli che continuano a considerarlo un “fenomeno preoccupante” riconoscono, come ha fatto il moderato Marcello Sorgi dalle pagine della Stampa, che la sua veemente denuncia degli scandali si limita a fotografare una realtà andata oltre qualsiasi previsione.

Ed è la determinazione e la coerenza nel denunciare instacabilmente da oltre sei anni la progressione della corruzione pubblica e la commistione politico-affaristica, tentando con i referendum e le proposte di legge sull’incandidabilità di arginarla, che porta quelle folle molto trasversali di cittadini a gremire le sue piazze con qualsiasi tempo.

Naturalmente la lettura, se così si può definire, che viene data in casa Pdl sulla cosiddetta Tangentopoli-bis ovvero Tangentopoli eterna come l’ha definita correttamente Antonio Ingroia, ritorna sempre al “complotto delle procure”.  

Cicchitto da conoscitore della prima e seconda repubblica ha ammonito duramente gli ingenui che pensano che i magistrati debbano indagare sulla corruzione 365 giorni all’anno: “Attenti, il risveglio delle procure non può essere casuale. Cercano di tirare la volata ad Ingroia, ma finiranno per aiutare Grillo”. Senza domandarsi quanto contribuiscano loro, per nostra fortuna, a favorire Grillo con queste sparate che ci auguriamo continuino ininterrotte fino al voto. 

E naturalmente Berlusconi era stato il primo ad evocare “la manona giudiziaria” delle toghe complottarde e giacobine per scagionare Fitto e Formigoni, citando una memorabile definizione di Andreotti del 1990 in risposta alla “manina” di cui aveva parlato Craxi.

Invece un altro navigatore di lungo corso come Gianfranco Rotondi ha preferito esprimere al  tutto il suo rimpianto per i magistrati che consceva lui ai tempi della Dc, quelli che con molto senso dell’ “opportunità” andavano in ferie durante la campagna elettorale ( e magari anche prima e dopo).

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