Miracoli. Negandosi a un trasmissione tv, Beppe Grillo le ha conquistate tutte. E insieme ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali ai quali, da mesi, nega qualunque intervista. Il suo parlare direttamente al popolo, in piazza, riverbera con massima risonanza. I media – spiazzati dall’ostinazione di quel silenzio che li taglia fuori – reagiscono con il loro antidoto per eccellenza, il dibattito.

Viene fuori che per alcuni “negarsi alla tv significa negarsi alla democrazia”. Come se tv e democrazia fossero sinonimi. Per altri diventa “il modo di sottrarsi alle domande”, di “negarsi al contraddittorio”, di praticare la comunicazione unidirezionale, quella che va dal leader alla massa, configurandosi come autoritaria.

Ma la tv imbracciata dagli altri protagonisti della campagna elettorale non è altrettanto autoritaria? E rispondere alle domande con vent’anni di promesse, vent’anni di bugie, falsificando i fatti e ignorando i misfatti, non è altrettanto ipocrita? Dei leader che si ripresentano sappiamo quasi tutto: il loro parlare è un rumore che riempie, ma non sposta. Di Grillo sappiamo poco o nulla. In quel nulla sta la forza che lo farà vincere, subito prima di deluderci.

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