Sono in molti tra i nostri lettori a domandarci se la scelta di una vita da nomade digitale, magari espatriando in un altro Paese, non implichi un inevitabile sacrificio imposto a chi ci vive accanto.

In effetti la scelta di cambiare Paese o di vivere spostandosi periodicamente è spesso solitaria e, quando è condivisa da una coppia, è in due che si desidera e si pianifica un cambiamento di vita, partendo alla ricerca di un equilibrio condiviso e spesso con un progetto lavorativo comune.

Le cose si complicano quando a espatriare o a viaggiare, spostandosi per scelta, per opportunità o per un’occasione lavorativa, è uno solo dei due e l’altro necessariamente deve adeguarsi.

E di norma, in Italia, “l’altro che deve adeguarsi” è quasi di certo la donna. E’ una questione di politiche mancate, ma soprattutto di cultura.

Sono i dati Istat a confermarci l’arretratezza dell’Italia (anche) su questo: nel nostro Paese il 33% delle donne tra i 25 e i 54 anni non ha un reddito. Il 52% delle laureate svolge un lavoro per il quale è richiesto un titolo di studio inferiore a quello posseduto (41,7% per gli uomini), guadagnando in media anche il 20% in meno dei colleghi uomini. Il part time, che penalizza la carriera, è il lavoro femminile per eccellenza, con un 30% per le donne rispetto al misero 5% degli uomini.

Il quadro già sconcertante dell’occupazione femminile raggiunge la piena completezza con i dati relativi alle madri: quando rimane incinta una neo mamma su 4 perde il lavoro; a due anni dal parto il 22% delle donne italiane non ha più il proprio posto di lavoro, tra chi diventa mamma il 30% interrompe il lavoro per motivi familiari (contro il 3% dei padri).

E’ chiaro che su tali premesse, per noi donne la prospettiva di un espatrio, o di una mobilità imposta dalle scelte dell’altro, è un’avventura che può presentare molte difficoltà, non solo dal punto di vista personale, ma soprattutto professionale.

Claudia Landini, fondatrice di Expatclic, un portale dedicato all’espatrio al femminile, e coach che aiuta le donne espatriate a intraprendere nuovi percorsi professionali, mi illustra dati che fanno riflettere.

Il 79% delle donne lavorava prima di seguire il proprio compagno o coniuge all’estero ma solo il 36% ha trovato lavoro nel nuovo Paese. Del 59% delle compagne o mogli che lavoravano prima di trasferirsi, solo l’8% ha potuto continuare a farlo (Global Relocation Trends Survey).

Emerge chiaro che i percorsi tradizionali non funzionano per le donne che espatriano e forse costruirsi una carriera mobile, portatile, da svolgere tramite Internet, può essere una valida alternativa per rilanciare sul proprio futuro professionale e per conciliare vita, famiglia e lavoro.

La storia personale e professionale di Claudia, e delle tante donne che lei ha incontrato e aiutato a realizzarsi, racconta proprio questo.

Non è facile rimettersi in gioco, riannodare i fili di sogni messi da parte, di ambizioni lasciate per strada, non è facile ammettere di volere qualcosa in più, quando per lungo tempo siamo state impegnate a raccontarci che in fondo andava bene così…non è facile, ma è possibile.

sul Web non conta se sei donna, non conta se hai figli, non conta se non sei più sotto gli ‘anta’. Sei fuori da logiche e filosofia aziendali, spesso declinate esclusivamente al maschile.

Conta invece cosa sai fare e come lo sai fare, quanto sei in grado di aiutare gli altri con le competenze che hai maturato strada facendo, che sia con tutorial per realizzare torte di compleanno o con consulenze professionali a distanza sfruttando il tuo secondo Master.

C’è un mondo che si sta colorando di rosa sul Web…diamoci la possibilità di fare la differenza per gli altri… e anche per noi.

di Marta Coccoluto

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