Più mercato e più concorrenza. Meno pianificazione, meno rendite, meno gestioni para-pubbliche. In sintesi, meno Stato. La ricetta di Fare per Fermare il Declino, anche per l’energia e l’ambiente, si basa sulle idee di libertà economica, cavallo di battaglia del movimento. Carlo Stagnaro, economista, uno dei fondatori, spiega perché. Partendo dal documento lasciato in eredità dal governo tecnico sull’energia, la “Strategia energetica nazionale”, che non gli piace.

Cosa non va nella strategia energetica nazionale?
Due cose. Una è l’idea stessa di ‘strategia energetica nazionale’. Noi pensiamo che i settori energetici debbano essere resi pienamente concorrenziali. Senza dubbio, alcuni aspetti devono essere oggetto di regolazione pubblica, ma per tutti i temi – dal mix delle fonti, a quali infrastrutture costruire – alla fine le decisioni devono nascere dagli operatori e dal mercato. L’altra grossa obiezione è che la Sen assegna un ruolo dominante alla regia governativa sugli investimenti, in particolare infrastrutturali. Crea così l’impressione di far crescere la parte ‘amministrata’ del prezzo, sia sulla bolletta elettrica, che del gas, contro la parte che si determina sul mercato.

Quali interventi si possono fare per ridurre i prezzi?
Per l’elettricità quello più importante consiste nel razionalizzare gli oneri di sistema: tutto quello che va dagli incentivi alle fonti rinnovabili, ai sussidi, ai grandi consumatori, in particolare alle ferrovie, e altro. Si può cercare di ridurli, per esempio spostandone alcuni sulla fiscalità generale. Ma soprattutto si deve fare in modo di escludere dalla bolletta forme di sussidio da parte di alcuni gruppi di consumatori, come le pmi, o le famiglie, ad altri, come per esempio Trenitalia o CarboSulcis. Sul gas serve un intervento strutturale, che completi la separazione di Snam da Eni, e si devono ridurre altri ingessamenti di mercato. Sia per l’elettrico che per il gas poi, la presenza di aziende dominanti in mano pubblica è di per sé distorsiva, e quindi è indispensabile privatizzare tutti gli operatori: Eni, Enel, e le municipalizzate.

Parliamo di energia pulita. Quale futuro per le rinnovabili?
Hanno già un ruolo enorme, soprattutto nella produzione di energia elettrica. Il fotovoltaico è stato in passato fonte di anomalie e di un eccesso di incentivazione. Sono errori che non vanno ripetuti. Sul fotovoltaico abbiamo regalato una rendita, e peraltro gravemente danneggiato le prospettive di sviluppo tecnologico del settore in Italia perché abbiamo distribuito i soldi con l’idrante. Banalmente, se già spendiamo 10 miliardi all’anno per le rinnovabili, abbiamo meno flessibilità in termini economici. Oggi dobbiamo giocare in difesa, non per scelta, ma come conseguenza inevitabile degli errori del passato, che hanno un nome e cognome: 2° Conto energia, e “salva Alcoa”.

E del nucleare cosa pensate?
Anche al netto del referendum (nel giugno 2011 ndr), credo che il nucleare in Italia oggi non abbia alcuna prospettiva. Nel breve termine abbiamo un problema di eccesso di capacità, per cui non vedo perché qualcuno debba investire in nuova potenza, tra l’altro caratterizzata da altissimi costi fissi. Oltre a questo, francamente, ci sarebbe un problema di accettazione sociale insuperabile. E a prescindere da tutto, dobbiamo ancora risolvere la questione dello stoccaggio delle scorie.

Parlando di rifiuti, quali sono le priorità da affrontare?
Credo che anche lì, ci sia un problema di concorrenza. Continuiamo a gestire la raccolta attraverso società pubbliche che vivono sostanzialmente di affidamenti diretti, e sono mediamente molto inefficienti, sia dal punto di vista della performance che del costo per unità di prodotto. Mi spiace dirlo, ma lì il governo Monti ha agito in modo assolutamente anticoncorrenziale. Mettiamola così: il governo Monti ha fatto un intervento che il commissario alla concorrenza Mario Monti avrebbe probabilmente bocciato, prorogando fino al 2020 gli affidamenti diretti dati a società quotate. Che è una cosa contraria a tutti i principi del diritto comunitario, oltre che a quelli del buonsenso. (Public Policy)

LEP

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