Perdite “monstre” per Psa Peugeot Citroën, ormai la casa automobilistica finanziariamente più in difficoltà d’Europa. Il gruppo, come annunciato stamani, ha registrato nel 2012 un calo del fatturato del 5,2% a 55,4 miliardi. Ma soprattutto perdite nette pari a 5 miliardi di euro, livello mai raggiunto nella lunga storia della prima casa francese, numero due in Europa dietro a Volkswagen. Peugeot paga un’eccessiva dipendenza delle vendite dal Vecchio continente, che nel mercato dell’auto sta attraversando una profonda crisi. E il fatto che ancora oggi il grosso della produzione avvenga in Francia.

Tanto per avere un’idea della drammaticità della situazione, basta ricordare che l’anno scorso Psa ha bruciato 3 miliardi di euro di liquidità, 200 milioni al mese. Le perdite così alte sono dovute in parte a svalutazioni di asset che per tutto il 2012 hanno totalizzato i 4,7 miliardi (tenendo conto anche degli stock di macchine invendute, che inesorabilmente si deprezzano). Ma il gruppo ha dovuto subire anche 1,09 miliardi di euro di perdite operative. Insomma, Psa non riesce più a fare il suo lavoro principale, vendere auto. L’anno scorso le vendite mondiali sono scese sotto i tre milioni di unità. E, in particolare, sono calate del 17,5% in Francia e del 15% in Europa. Da sottolineare il fatto che sempre nel 2012 sono stati realizzati tagli ai costi fissi pari a 1,2 miliardi. E sono state cedute attività per due miliardi. Ma, nonostante questo, il gruppo rischia ancora grosso.

I mali di Peugeot-Citroen sono noti. La famiglia Peugeot, che ne ha ancora in mano le redini, di fede religiosa protestante, riservata, con la testa nell’auto e molto poco nella diversificazione, soprattutto finanziaria: si è ostinata a scommettere sul mercato europeo (la Ue assorbe ancora il 60% della produzione). E, peggio ancora (almeno agli occhi degli analisti), ha difeso gli stabilimenti in patria (nonostante un forte calo negli ultimi tempi, ancora oggi il 35% della produzione avviene in Francia, con un costo del lavoro ormai più alto che in Germania, mentre il concorrente Renault, che pure ha lo Stato come azionista di riferimento, è sceso al 17,5%). I Peugeot, tra i pochi sopravvissuti dell’aristocrazia industriale francese che fu, hanno anche frenato costantemente rispetto ad alleanze a 360 gradi, con la paura di perdere il controllo del gruppo.

La situazione è quindi drammatica. E non migliorerà a breve. Come indicato stamani dall’amministratore delegato Philippe Varin, “ritorneremo al pareggio operativo a fine 2014″ che è già tardi e forse, secondo la maggior parte degli analisti, è solo un’illusione. Intanto i vertici del gruppo hanno deciso di chiudere lo stabilimento di Aulnay-sous-Bois, alle porte di Parigi, una sorta di Mirafiori per Peugeot. E sono più di 11.200 i posti di lavoro da sopprimere in Francia entro la metà del 2014. Da questo punto di vista esiste un contenzioso con la Cgt, il principale sindacato francese, equivalente della nostra Cgil, che non ritiene i tagli giustificati, anche se le altre forze sindacali, in realtà, hanno già accettato di negoziare.

Nei mesi scorsi lo Stato è intervenuto con una garanzia di tre miliardi di euro per salvare la banca del gruppo (Banque Psa Finance) e potrebbe entrare in futuro nel capitale della casa madre, se risultasse necessario per evitare la bancarotta. Anche se è stato lo stesso Varin a smentire l’ipotesi. “Un aiuto pubblico a Psa non è per il momento un argomento sul tavolo”, ha infatti detto negando una possibile entrata dello Stato nel capitale e, quindi, una parziale nazionalizzazione. Una delle soluzioni per uscire dall’impasse potrebbe anche essere quella di approfondire l’alleanza conclusa l’anno scorso con l’americana General Motors, che già detiene il 7% del capitale di Psa. E forse procedere con la fusione, più volte prospettata, con Opel, la controllata europea di Gm. Altra prospettiva: cedere i gioielli di famiglia, anche se i vertici del gruppo hanno ribadito stamani che Faurecia, ad esempio, importante produttore di componenti per l’auto, controllata al 57,4% da Psa, “non è in vendita”. I Peugeot sembrano continuare a fare resistenza, come sempre. In nome della loro originalità. E della loro supposta fedeltà al mondo dell’auto, all’industria, alla Francia. Ma i tempi sono tristemente cambiati.

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