Quando ho trovato la notizia che Berlusconi era stato invitato a tenere un comizio all’interno di una fabbrica, la Maschio Gaspardo di Padova, davanti a quasi mille tra dipendenti e familiari, mi sono dovuta porre qualche domanda sulla reale spontaneità di quanti avevano aderito all’iniziativa.

Del resto, in tempi in cui l’esercizio del voto non era richiesto, il 24 ottobre 1932 per la precisione, il senatore Giovanni Agnelli trovava producente mettere a disposizione di Mussolini lo stabilimento della Fiat di Torino per un operazione di propaganda analoga, arrivando ad introdurre il discorso del duce con questa dichiarazione: Questo sentimento che ogni vero italiano nutre per voi è fatto di ammirazione e gratitudine. Ammirazione per la vostra personalità dominatrice e gratitudine per la confidabile opera di governo con la quale avete migliorato in ogni campo della vita nazionale e internazionale il posto e il destino del paese. I risultati di questo vostro lavoro, che è atto di fede ed esempio di organizzazione e di metodo, si impongono a tutti. Ma soprattutto parlano alla coscienza dei lavoratori perché voi stesso venite dal popolo ed è sempre soltanto verso di esso che andate col pensiero e con l’azione. Qui al Lingotto batte il cuore di Torino operaia, dal nostro cuore si leva con entusiasmo l’evviva alla rinnovata Italia e al suo duce. Viva Benito Mussolini” Inutile aggiungere che gli operai risposero con un “Evviva!” all’esortazione.

Ma la vicenda della Maschio Gaspardo somiglia anche in modo inquietante alla grottesca finzione cinematografica de Il secondo tragico Fantozzi, nella quale i dipendenti erano costretti a sottostare alla proiezione de La corazzata Kotiomkin: Luciano Salce mai avrebbe pensato che si sarebbe potuta ripresentare ugual vessazione, in chiave politico-elettorale, a più di trent’anni di distanza.

Nonostante l’art. 8 dello Statuto dei lavoratori faccia espresso divieto di condurre indagini sulle opinioni politiche dei dipendenti, qui, il titolare della baracca si permette di fare di più: invita un leader politico a lui simpatico e conta, tra le “risorse umane” che ritiene patrimonio integrante dell’azienda quanto sue, chi c’è e chi non c’è a garantire il consenso. Serve altro?

In tempi nei quali la compressione dei diritti dei lavoratori è divenuta una priorità di ogni governo col pretesto della salvaguardia del posto di lavoro, dover assistere alla precettazione dei dipendenti per compiacere il principe detronizzato, pare francamente eccessivo.

 

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