E’ stata una giornata storica per la nuova Tunisia, quella dell’8 febbraio: la partecipazione massiccia e commossa ai funerali di Chokri Belaid, la prima vittima di un omicidio politico premeditato, è stata il dato dominante, al di là degli incidenti sviluppatisi qua e là. Adesso gli islamisti, sia falchi che colombe, sono davvero sulla difensiva, indecisi sul da farsi. Nella giornata delle grandi esequie e dello sciopero generale sono stati praticamente assenti dalle piazza, e solo per alcune ore alcune centinaia di militanti di Ennahda si sono riuniti davanti alla loro sede centrale, per proteggerla da eventuali attacchi.

Lo sciopero generale è pienamente riuscito, anche se convocato solo poche ore prima. Negozi chiusi, aeroporto bloccato, segni evidenti di sciopero e blocco in tutte le attività. La Ugtt, sindacato che ha saputo scrollarsi di dosso ogni intreccio col potere e ogni collateralismo, si è confermato il primo potere civile della Tunisia. Aveva convocato lo sciopero su pressione e iniziativa delle forze di sinistra, ma in un’ ottica “di responsabilità” lo ha dedicato lo sciopero al lutto, alla solidarietà, al rifiuto della violenza. Senza chiedere le dimissioni del governo eletto, quello capeggiato da Hamadi Jebali di Nnahda. Gli episodi più di vandalismo che di violenza che hanno qua e là punteggiato la giornata e provocato lacrimogeni e arresti, sono dovute a gruppi di casseurs, di “arrabbiati” marginali. Sbucano sempre fuori nei momenti di conflitto, e sembrano oltranzisti islamisti quando si protesta contro le presunte offese alla religione, oppure come in questo caso sembrano oltranzisti laici quando si protesta contro un assassinio di marca integralista.

Nel centro di Tunisi le manifestazioni sono state impedite, ma il corteo funebre di Chokri Belaid è passato fuori dal centro ed è stato una grande e appassionata manifestazione popolare, con aspetti sia tradizionali che laici. Anche leader islamisti avrebbero voluto render omaggio alla salma, ma sono stati sconsigliati per evitare problemi. Alla casa dei genitori del morto, nel quartiere popolare di Jbal Jloud, è andato anche l’anziano leader e fondatore di Nidaa Tounes, l’ex capo del governo Essebsi. Più avanti i protagonisti sono stati soprattutto i militanti e i dirigenti del Fronte Popolare e della Ugtt. La bara è stata seppellita con grida di Allah Akbar, son stati letti versetti del Corano ma al cimitero sono entrate anche molte donne (assolutamente irrituale) e l’orazione funebre è stata tenuta dal leader del Fronte Popolare, e della componente comunista, Hamma Hammami.

Chokri Belaid, l’ucciso, era praticamente il numero due di questa nuova configurazione della sinistra radicale e/o marxista tunisina. Un’area politica che ha saputo reagire in modo compatto, veemente, ma responsabile, guadagnando nuovi consensi. Forse lo sciopero è riuscito anche perché molta gente aveva paura di possibili incidenti, ed è quindi rimasta volentieri a casa. Ma Tunisi con le vetrine chiuse era uno spettacolo mai visto : solo parzialmente, nel giorno della Rivoluzione del 14 gennaio. Più difficile è calcolare quanti si sono mobilitati. Pare tra i 50 e i 100 mila, al cimitero e nei dintorni. Ora la parola torna alla politica. La proposta del capo del governo di Ennaha, Hamadi Jebali, di formare un governo di tecnocrati per andare in pochi mesi alle elezioni, avrebbe già risolto la situazione. Il suo partito invece ha detto di non volerla, e di puntare piuttosto a un governo politico di unità nazionale, sapendo però che i partiti attualmente all’opposizione non accettano. Ma dopo una giornata come questa dell’8 febbraio il governo egemonizzato da Ennahda non potrà continuare a lungo, perché la gente scesa in piazza non gli riconosce più legittimità. Neanche se nel giro di poche ore, come qualcuno vocifera venissero arrestati gli assassini di Chokri Belaid e dimostrata la loro assoluta estraneità a Ennahda.

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