Contrariamente a quanto accadeva ai tempi di Karl Marx e Friedrich Engels, non è più un solo spettro ad aggirarsi per l’Europa, ma una moltitudine. Giovani in maggioranza, ma anche persone disperate e di tutte le età, spinti dalla stessa indignazione germogliata nella testa di Stéphane Hessel, nata sotterraneamente e poi violentemente venuta fuori sul finire del 2010, dapprima con la Primavera Araba, poi con i movimenti di Occupy Wall Street, degli Indignados, Anonymous e via dicendo. La convinzione comune: tutto si può ancora cambiare, “sappiamo cosa NON vogliamo, ma dobbiamo ancora elaborare quale tipo di mondo vogliamo”. Gli ostacoli: classi politiche corrotte e incapaci, continui tagli di bilancio e corruzione dilagante ad affliggere scuole e università, mancanza di una lettura del mondo e di una adeguata pratica politica, un imbolsimento dovuto a una società convinta che siano solo pericolose illusioni. Non basta la presa di una piazza, è l’azione quel che simboleggia la sfida al sistema da cui arriverebbe il cambiamento dell’intero sistema, moralmente ed economicamente.

In Italia si è vissuta e si sta vivendo tuttora la stessa stagione amara segnata dagli effetti drammatici che la crisi economica e la recessione hanno causato in ogni paese. “Come è diventata l’Italia? Cosa offrirà ai suoi figli? E alla nuova classe imprenditoriale? Ha ancora senso restare in questo Paese?”. Da queste domande ha preso spunto il docufilm Suicidio Italia – Storie di estrema dignità, prodotto dall’Associazione culturale Ticto in collaborazione con Own Air, per la regia di Filippo Soldi, prodotto da Alessandro Tartaglia Polcini,ex assistente di volo oggi in mobilità, che nel 2009 ha portato sul grande schermo la pellicola Tutti giù per aria, lungometraggio in cui si narravano le sorti dei lavoratori Alitalia in esubero nel passaggio tra bad e new company

 

Un film che rappresenta un viaggio tra i risvolti più drammatici della recessione in atto nel Paese, tra drammi familiari, crisi aziendali, disoccupazione a livelli record e un welfare che latita. Senza dimenticare che l’indipendenza della cultura dall’economia è il fondamento per la rinascita civile, sociale ed economica del nostro paese. Perché in questo difficile periodo storico c’è bisogno soprattutto di riappropriarsi della ‘cultura del perché’, più che di quella del ‘come’.

Suicidio Italia, che sarà proiettato in anteprima lunedi 11 febbraio presso il Teatro Ghione di Roma, racconta – intrecciando immagini di repertorio, di manifestazioni e interviste -, come la corruzione, la debolezza e gli interessi delle classi dirigenti hanno condannato a morte un intero paese e con esso migliaia di lavoratori. Diverse le voci autorevoli chiamate in causa per raccontare la loro versione, dallo scrittore Gianni Dragoni, che ha cercato di far comprendere il “mostro” che la crisi rappresenta, a Marco Travaglio che con il suo consueto stile descrive  l’irresponsabilità della classe dirigente italiana, fino a Paolo Barnard e Paola Musu – l’avvocato che ha denunciato le più alte cariche istituzionali per attentato alla Costituzione – passando poi per la lucidità e la chiarezza del pensiero del premio Nobel Dario Fo. Il cantautore romano Luca Bussoletti insieme con Riccardo Corso, sono autore e interprete delle musiche di Suicidio Italia, il documentario per tentare di capire. Per provare ad alzare la testa.

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