A due settimane dal voto il popolo italiano sembra essere precipitato nel peggiore degli incubi. Nonostante anni di sacrifici (tanti) e di lotte (insufficienti) pare che la scelta sia fra un ritorno di Berlusconi che con le sue false promesse parrebbe far breccia nel cuore degli Italiani o, nella migliore degli ipotesi, una riconferma del tristo mietitore portavoce della finanza Monti.

Si tratta in realtà di due ipotesi che si rafforzano a vicenda. Se è infatti impossibile che Berlusconi prenda la maggioranza, il suo recupero gli consentirà di esercitare un potere di ricatto che renderà inevitabile il ritorno di Monti con appoggio bipartisan.

Va detto però chi è il responsabile di questa morsa nella quale siamo finiti. Si tratta di Pierluigi Bersani e dei suoi coadiutori di destra (Renzi, Letta junior, ecc.) e di sinistra (Vendola). E’ infatti di straordinaria piattezza la campagna elettorale di Pd-Sel, del tutto incapace di parlare al Paese e ai suoi problemi reali, pur di fronte a un momento di estrema crisi come quello che stiamo vivendo attualmente. Perché mai un operaio, un disoccupato, un pensionato, un giovane senza prospettive dovrebbero votare Pd-Sel, guidati da un leader che ha avuto come proprio bersaglio, nel corso della sua ultradecennale carriera politica, solo i tassisti. E riuscendo a perdere la propria battaglia perfino con loro. Perché mai chi sta pagando sulla sua pelle il prezzo della crisi dovrebbe riconfermare la sua fiducia a chi nell’ultimo anno e mezzo ha appoggiato in Parlamento le peggiori misure antipopolari e si dichiara pronto a convergere con Monti sotto l’egida del fiscal compact europeo che costituisce la base dell’attuale recessione?

E’ in questa situazione di scoramento della gente che si inserisce la furbesca campagna del redivivo Berlusconi che si traveste da antieuropeo e si scatena in proposte fantasiose. Si tratta di un pagliaccio, è evidente. Ma di fronte al nulla di Bersani anche il pagliaccio Berlusconi rischia di trovare credibilità in settori disorientati e preda dell’analfabetismo politico e sociale di ritorno che sta imperversando nel nostro Paese. Eppure forse non tutto è perduto. Esiste un antidoto per questo veleno. Si chiama Rivoluzione Civile

I venti o trenta deputati di Rivoluzione Civile che si accingono ad entrare in Parlamento potranno in effetti costituire la pattuglia su cui far convergere tutte le forze che non si rassegnano alla lenta ma inesorabile agonia del nostro Paese soffocato da annosi problemi interni e nuovi vincoli europei e internazionali.

E’ possibile fin d’ora varare un programma di massima su cui lottare nel Parlamento e nel Paese, insieme al Movimento Cinque Stelle e ai settori del Pd-Sel che inevitabilmente saranno costretti ad abbandonare Bersani e le sue politiche suicide quando, subito dopo le elezioni, emergerà con ancora maggior chiarezza la sua fin da ora evidente subalternità a Monti e al potere finanziario che rappresenta.

Punti di questo programma sono: 1. No alle grandi opere, a partire dalla Tav; 2. Reddito minimo garantito per disoccupati e studenti; 3. No alla partecipazione italiana ad ogni guerra, sia pure camuffata da missione di pace; 4. Recupero salariale e dei diritti da parte di lavoratori e lavoratrici; 5. Imposta patrimoniale che colpisca pesantemente i ricchi ;6. Apertura di un’inchiesta di massa sul debito pubblico e la spesa pubblica, per individuare il modo di ridurre il primo e qualificare la seconda; 7. Riduzione drastica dei benefici delle caste di ogni genere.

E’ questo il programma che consentirà di liberarci delle tre malefiche C (caste, cricche e cosche) e di rilanciare una politica di sviluppo basata sulle sette benefiche S (salute, scuola, sicurezza, socialità, solidarietà, sovranità, sport). Per un’Italia che sia esempio per tutto il mondo di una nuova possibile strada alternativa. 

 

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