Fino a qualche anno fa il Monte Mindino, nelle Alpi Liguri, era soprattutto conosciuto come facile e panoramica gita di scialpinismo. Poi ecco che è diventato oggetto di un enorme progetto di realizzazione di parco eolico. Ed è iniziata una lunga battaglia fra chi difendeva la natura e chi voleva usarla. Massimo Allamandola e Luca Giraudo, del Comitato Spontaneo “Mindino Libero” ci raccontano come è andata a finire.

La storia dell’eolico industriale in Piemonte vede le sue prime battute nel 2003, quando a cavallo fra la Liguria e la Val Tanaro, nel comune di Garessio, viene autorizzato un impianto eolico di 5 torri, poi realizzato nel 2009. Ma è a partire dal 2006 che gli interessi speculativi si fanno più forti e vengono evidenziati proprio dal progetto proposto dalla Garessio Viola Eolico s.r.l. di Milano (GVE) sul Monte Mindino, cima estremamente panoramica oltre i 1800 m di quota: da lì si vedono tutto l’arco alpino occidentale fino alla Lombardia, tutto l’arco ligure fino alle Apuane e a volte anche la Corsica. In realtà la produttività eolica del sito non è così elevata, si parla di 6 m/s di velocità media all’anno, ma è la forza degli incentivi statali che muove questo progetto, da subito ritenuto insensato: 26 torri di 80 metri di altezza e di 82 di rotore, poi ridotte a 19 e infine a 12 (ma di 120 metri al mozzo per 120 di rotore) nell’ultima versione del progetto. Il Coordinamento delle Associazioni Ambientaliste di Cuneo, tramite l’Associazione Cuneobirding, segue da vicino la faccenda, presentando numerose e circostanziate osservazioni, centrate soprattutto sugli impatti paesaggistici e inerenti la fauna,  in occasione delle numerose conferenze dei servizi. Tra il 2010 ed il 2011, un gruppo di persone riunite sotto un Comitato spontaneo chiamato “Mindino Libero” organizza alcune camminate e ciaspolate simboliche sull’Alpe del Monte Mindino nelle Alpi Liguri per esporre e sottolineare le problematiche ambientali legate alla possibile installazione di questo impianto in un’area tutelata a livello regionale da ben tre vincoli: idrogeologico, ambientale e paesaggistico. Proprio per l’incompatibilità ambientale e legislativa, evidenziata sin da subito dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali, l’iter di questo progetto è molto tortuoso e si conclude con parere contraddittorio in Conferenza dei Servizi. La questione passa quindi al Consiglio dei Ministri, che conferma il parere negativo della Soprintendenza, e poi al Tar Piemonte, a seguito dei cinque ricorsi da parte della GVE. Il Tar Piemonte con una sentenza inaspettata, riapre la partita approvando il ricorso della ditta e temporaneamente riaccendendo la “luce verde” al potenziale impianto eolico più grande delle Alpi. Soltanto poche settimane fa, l’Avvocatura del Consiglio di Stato ha definitivamente accolto il ricorso della Regione Piemonte e della Soprintendenza mettendo definitivamente una pietra sopra questo progetto.

Si è trattato a tutti gli effetti di una vicenda molto complessa, nella quale i meri interessi economici dell’iniziativa privata hanno tentato di intrecciarsi con la necessità di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili a scapito di una delicata situazione ambientale ed ecologica. Soltanto per costruire la viabilità in quota il progetto prevedeva oltre 3 milioni di euro di investimenti per nuove strade sulle dorsali della montagna, luoghi ricchissimi di acqua e sorgenti, utilizzate per gli acquedotti comunali dei vicini paesi di Garessio, di Viola e di Priola, ambienti dove nidificano diverse specie di rapaci. Ma sembra che alla GVE, una società che fa capo a Le Fattorie del Vento S.p.a., il primo interesse fosse quello di “deregolamentare” e annullare sia i  principi ispiratori sia i vincoli di tipo normativo legati alla tutela del territorio. Mettere in discussione, all’interno di una sentenza del TAR Piemonte il ‘vincolo di inedificabilità sui crinali alpini’ del Piano paesaggistico regionale (art. 13…, comma 9)” avrebbe aperto la strada ad innumerevoli progetti per nulla legati al contesto ambientale ed ecologico, ma asserviti al profitto prima di tutto. Non può passare inosservato che la GVE faccia capo al dott. Paolo Guaitamacchi, (membro della Giunta di Confindustria Alto Milanese, parte del Consiglio Direttivo di Assolombarda) ma soprattutto Segretario Generale dell’APER (Associazione dei Produttori di Energia Elettrica da Fonti Rinnovabili), una potente lobby nazionale che riunisce e rappresenta dal 1987 i Produttori di Energia Elettrica da Fonti Rinnovabili. Insomma, c’è da credere che dietro le vicende legali ed i ricorsi contro questo parco eolico ci fosse una forte volontà di “costituire un precedente” potenzialmente in grado di deregolamentare l’eolico industriale sui crinali alpini ed appenninici tutelati dal vincolo idrogeologico e di inedificabilità.

Ma questa volta le potenti lobby industriali nulla hanno potuto  contro la volontà della Soprintendenza ai Beni Ambientali che, attraverso l’Avvocatura di Stato ha ribadito l’impossibilità della realizzazione di questo progetto. “L’interesse paesaggistico in rilievo assume una connotazione bisognevole di tutela per effetto di vincoli specifici” e ancora “l’autorizzazione va rilasciata nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico”.

Insomma pare proprio che anche la “green economy” debba necessariamente passare attraverso quei fondamentali principi di diritto e vincoli specifici di tutela che riguardano le nostre montagne, la natura e l’ambiente. Anche quando gli interessi privati dietro questi progetti sono di gran lunga superiori al benessere delle comunità locali che sotto questi progetti ci deve vivere.”

di Massimo Allamandola, Luca Giraudo

Foto Massimo Allamandola

 

 

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