Debiti più alti delle attese, business italiano in calo e investimenti sulla rete obbligati. Franco Bernabè, presidente di Telecom Italia, mette a dieta gli azionisti – a partire da Mediobanca, Generali e Intesa accanto agli spagnoli di Telefonica – e dimezza il monte dividendi da 900 a 450 milioni all’anno, per il prossimo triennio. L’anno scorso la cedola era già stata tagliata del 23% a quasi 900 milioni di euro (1,191 miliardi quello del 2011), questo “rappresenta la soglia minima sotto la quale non scenderà nel prossimo triennio” aveva all’epoca assicurato Bernabè. 

La scelta di ridurre il monte dividendi è stata presa “nell’interesse di tutti gli stakeholder (i portatori di interesse, ndr)” ma la cedola “potrà tornare a crescere” una volta raggiunti gli obiettivi di riduzione del debito, ha detto Piergiorgio Peluso, il figlio del ministro Cancellieri che è direttore finanziario della compagnia. Il taglio dei dividendi risponde da un lato al perdurare di una “situazione macroeconomica impegnativa in Italia” e dall’altro alla “importanza strategica per la crescita della compagnia” di “ulteriori investimenti” in Italia e in Brasile.

A pagare di più però non saranno i soci. “Telecom Italia prepara un nuovo piano che comporterà un maggiore taglio dei costi a inizio 2013″, ha spiegato Bernabè durante la presentazione dei dati finanziari.  In particolare il piano triennale prevede per l’Italia un taglio dei costi per 1,3 miliardi di euro,  400 milioni nel 2013, 300 milioni nel 2014 e 600 milioni nel 2015. E ha ricevuto un’immediata la replica dai sindacati. I tagli di costo “aggressivi” annunciati dai vertici di Telecom Italia “non possono pesare solo sul conto dei lavoratori“, ha dichiarato Salvo Ugliarolo, segretario nazionale della Uilcom Uil. “In dieci anni – aggiunge Ugliarolo – i dipendenti di Telecom sono passati da 120mila a 48mila“. Ora, suggerisce il sindacalista, è anche il momento di pensare “a una riduzione di compensi dei top manager“. Il sindacato “non si sottrarrà al confronto” sul nuovo piano ma bisogna ricordare che “il sindacato e, innanzitutto, i lavoratori, hanno già fatto molti sacrifici”.

Non è quindi roseo lo scenario dipinto oggi dal gruppo di telecomunicazioni che ha tolto il velo dai conti preliminari e presentato il nuovo piano industriale 2013 -2015. Se l’anno passato si è chiuso con un fatturato in calo dell’1,5% a 29,503 miliardi di euro e un margine ebitda diminuito del 4,2% a 11,665 miliardi, questo 2013 non promette niente di meglio: ricavi stabili e margini operativi ancora in calo di qualche punto percentuale. I numeri parlano chiaro: con la crisi gli italiani tagliano le telefonate. Il fatturato domestico, l’Italia pesa per tre quarti sui conti dell’intero gruppo, è calato del 5,8% (-7% la sola divisione cellulari). A salvare la situazione è stato il buon andamento delle controllate sudamericane: Brasile +1,8% e Argentina +17,5 per cento.

Per compensare il calo del fatturato, il management ha tagliato i costi e centrato così l’obiettivo di un margine operativo in calo solo del 2% a 11,665 miliardi di euro. “Un traguardo ancora più significativo perché ottenuto in un contesto economico molto complesso e condizionato dalla recessione in atto in Italia e dal rallentamento della crescita in Brasile ed Argentina“, ha spiegato in una nota Bernabè.

Immediata la reazione di Piazza Affari. Il titolo ha traballato, prima cadendo del 5% e meritandosi una sospensione per eccesso di ribasso, sulle anticipazioni di un taglio dei dividendi che sembrava presagire pessime sorprese. Telecom ha recuperato sul finale chiudendo in calo dell’1,3% alla luce di conti non troppo lontani dalle stime. “Delude solo il debito sia del 2012 che quanto indicato per i prossimi tre anni, con un dividendo dimezzato ci aspettavamo di più”, si legge in una nota pubblicata da Equita, società di consulenza e intermediazione sul mercato italiano.

Il gruppo telefonico non ha centrato l’obiettivo di un debito netto a 27,5 miliardi chiudendo il 2012 con un posizione finanziaria negativa per 28,3 miliardi, complice anche la mancata cessione di Telecom Italia Media, la società che ha in pancia La7. L’obiettivo, infatti, includeva anche la vendita della tv, che un anno fa era valutata dagli analisti intorno a 400-450 milioni di euro. Non solo, però, la vendita non è andata in porto, ma il gruppo televisivo sta registrando una crescita costante delle perdite e dei debiti. E così ora Telecom punta per il 2015 a una riduzione del debito pari a due volte i margini operativi, obiettivo che era prefissato nel 2014 e oggi è stato posticipato di un anno. E per assicurarsi una maggiore flessibilità finanziaria la società pianifica a breve l’emissione di una tranche di complessivi 3 miliardi di bond ibridi attesi entro 24 mesi che sono meno vincolanti per la società rispetto alle classiche obbligazioni.

“La generazione di cassa – ha dichiarato Bernabè – dovrà contribuire alla necessità di sviluppo delle infrastrutture di rete in Italia e all’estero, un impegno che riteniamo fondamentale”. A ostacolare la riduzione del debito pesa un piano investimenti per 16 miliardi in tre anni a fronte di ricavi e margini indicati in crescita solo di qualche punto percentuale.

“I numeri di oggi confermano il principale timore degli investitori”, spiega Diego Toffoli, advisor per il fondo Lemanik european special situations: “L’attività di Telecom Italia in gergo è definita un secular decline business tradotto, un’attività in lento e inesorabile declino. Altissimi investimenti sulla rete a fronte di una concorrenza sempre maggiore e tariffe in calo, il tutto in un mercato saturo”. E’ una situazione uguale per tutte le Telecom europee ma a complicare la situazione in Italia ci pensa la crisi che si aggiunge al massiccio debito pregresso. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: debito che scende a fatica e margini e fatturato che non salgono.

Separare la rete dal resto delle attività oltre a un’operazione di trasparenza potrebbe essere una soluzione per attrarre nuovi soggetti disposti a investire nelle infrastrutture”, aggiunge Toffoli. Lo stesso Bernabè ha concluso la presentazione dei risultati ricordando che “la separazione della rete rappresenta un’interessante opportunità. Ci sono negoziazioni in corso”. Anche perché si guarda “al nuovo approccio regolamentare delineato dalla Commissione Europea mirato a garantire la stabilità dei prezzi wholesale sul rame e adeguati incentivi  per gli investimenti sulle nuove reti di fibra. Tale impostazione ci permetterà di agire più efficacemente nello sfidante contesto competitivo che l’evoluzione dei servizi legati ad internet sta disegnando”.

Sicuramente poco serena, però, la situazione della controllante Ti Media che ha in pancia La7 dove si stima che per il 2013 continui il “trend non positivo” per il mercato della pubblicità che dovrebbe essere in calo del 5 per cento, come ha detto il direttore finanziario Luigino Giannini che prevede un andamento simile anche per i canali de La7. Per Ti Media nel primo trimestre dell’anno “ci attendiamo una raccolta lorda intorno ai 45 milioni di euro”, ha detto. E’ dunque ancora crisi, a giudizio dei responsabili di Ti Media, per il mercato pubblicitario che nel 2012 ha perso il 15,7 per cento. Che anche per l’emittente si tradurrà “un piano di azione volto a consolidare ulteriori efficienze”, cioè nuovi tagli. Anche se qui non sono stati specificati obiettivi e valori del piano.

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