No, non resterete soli, questa sembra l’unica risposta possibile da dare a Giovanni Cucchi, il papà di Stefano, che ha scritto una lettera aperta a quei cosiddetti politici, Giovanardi e non solo, che stanno tentando di infangare la battaglia che lui, i suoi familiari, la figlia Ilaria, stanno conducendo per reclamare verità e giustizia sulle cause della morte violenta del giovane Cucchi.

Questo stanno chiedendo e non vendette, favorì, perizie “ad personam”, come avrebbero fatto non pochi di coloro che li insultano.
Stefano é morto in seguito alle botte dei suoi amici tossici…era arrivato in prigione già moribondo…Ilaria non doveva candidarsi strumentalizzando la morte del fratello…”, ebbene nessuna di queste argomentazioni ha validità alcuna. Che Stefano sia stato picchiato in galera non è messo in discussione da alcuno, e se davvero fosse arrivato già moribondo, perché si è perso tempo prezioso, perché non sono stati convocati subito i familiari? Perché mai guardie e medici si rimpallano le accuse?

Del resto le stesse giustificazioni, persino gli stessi insulti, li hanno dovuti subire i familiari di Michele Uva, di Domenico Ferulli, di Federico Aldrovandi, tutti morti, mentre erano trattenuti in carcere o in caserma.
Quando la giustizia é riuscita a condannare i picchiatori di Federico, quelli che “con l’uso eccessivo della forza”, l’hanno condotto a morte, i medesimi condannati, hanno osato insultare la famiglia di Aldrovandi, hanno alzato la voce contro una madre che aveva reclamato “Verità e Giustizia”. Queste due parole, evidentemente, non piacciono ai depistatori, agli adoratori delle veline di regime, a chi ritiene che, di tanto, in tanto, si possano sospendere i diritti costituzionali, così come accadde a Genova, durante il G8.

Ancora più singolare appare l’anatema scagliato contro Ilaria Cucchi che si sarebbe candidata per sfruttare la tragedia familiare. Singolare perché chi la aggredisce, non ha nulla da dire sui condannati, inquisiti, prescritti che, invece, si candidano per sfuggire agli arresti e per continuare a sputare sullo stato di diritto.

A tutti costoro dedichiamo la bella lettera di Giovanni Cucchi, un padre che si batte per difendere la memoria del figlio e per impedire che ad altri giovani possa accadere quello che è successo a Stefano.

“Qualcuno sta cercando di sfruttare le nostre polemiche , peraltro sacrosante, contro i pm Barba e Loy per fare, a proprio ma non esclusivo uso e consumo , campagna di disinformazione sul processo in corso per la morte di mio figlio Stefano. A questo qualcuno ricordo che i tre agenti di polizia penitenziaria imputati in quel processo sono accusati dalla Procura di Roma di aver tutti insieme spinto e colpito con calci mio figlio nelle aule di sicurezza di piazzale Clodio, provocandogli un politraumatismo su tutto il corpo e la frattura della quarta vertebra sacrale. Sono accusati inoltre di abuso dei mezzi di correzione per aver fatto tutto questo per indurre Stefano a smettere di lamentarsi e di chiedere farmaci.

Chiedo a quei politici di facile ed evidentemente interessato giudizio: non basta tutto questo?
Se mio figlio era quel malato mezzo morto che si vuol descrivere , se era uno zombie va tutto bene? È questo il trattamento che gli doveva essere riservato? Non basta leggere queste accuse per rabbrividire?
Io sono grato a quei politici per essere usciti allo scoperto, perché in tal modo essi vogliono continuare a rendere legittima la tortura opponendosi all’approvazione di ogni legge che la punisca. Sono grato, perché, ben sapendo che Stefano ne è stato vittima, ora ne è divenuto, suo malgrado, un simbolo di civile denuncia.

E non solo per quanto sta facendo mia figlia, ma anche tutti coloro di ogni partito e colore, che ora vogliono farsene carico. Allora, non strumentalizzate la nostra sacrosanta polemica contro la Procura di Roma sulla causa medico legale di morte di Stefano! Perché una cosa è certa , sofismi scientifici a parte, se Stefano Cucchi non fosse stato torturato dopo il suo arresto, non sarebbe stato necessario ricoverarlo al Pertini dove è stato portato a morte. E su questo sono tutti , ma proprio tutti, d’accordo !
Non basta questo o vogliamo sostenere il ripristino di quei terribili campi di concentramento evocati dagli stessi periti della Corte per fornire ai tossicodipendenti, piccoli spacciatori e magari pure agli extra comunitari ed in generale a tutti gli ultimi di questa società un trattamento ”adeguato” al posto che vi occupano?

Vogliamo questo? Bene, se insultare Stefano serve a chiamarli fuori nei loro intenti, insultiamo lo pure.
Continuiamo a mancargli di rispetto fuori e dentro i processi. Noi genitori continueremo a volergli bene ed a difenderlo reclamando a gran voce giustizia e verità. Ma non siamo soli. E questo ci scalda il cuore e da la forza per sopportare ogni cosa.”

Giovanni Cucchi

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