«Justicia para todos» (“Giustizia per tutti”) hanno gridato nelle strade delle principali città spagnole giudici, avvocati, cancellieri, accademici, sindacalisti.

Un urlo di protesta che, per settimane, ha visto le diverse categorie del pianeta Giustizia unite intorno a un principio: l’accesso alla giustizia deve essere per tutti!

Mariano Rajoy, premier conservatore spagnolo, e Ruiz-Gallardón, attuale Guardasigilli e sindaco di Madrid per oltre quindici anni, non devono pensarla allo stesso modo. Per i due protagonisti della scena politica iberica la tutela dei diritti va pagata, a caro prezzo.

L’aumento delle tasse della giustizia non ha precedenti, impugnare un verbale per un divieto di sosta può costare oltre mille euro se si arriva fino al grado di Cassazione. Avviare una pratica di divorzio può far dimenticare presto i dissapori familiari: trecento euro è il costo della tassa da versare per suggellare con un timbro statale un insuccesso sentimentale.

Dalla tutela giudiziaria effettiva alla tutela giudiziaria «en efectivo», ossia in moneta sonante.

Una riforma che ha spinto gli operatori della Giustizia a tramutare il grido «Justicia para todos» in vera federazione che unisce varie professionalità per la difesa dello Stato di Diritto. Anche magistrati e pubblici ministeri si sono mobilitati. Le sette principali associazioni di categoria, tra esse le influenti “Jueces para la Democracia” e la “Unión Progresista de Fiscales”, hanno denunciato la commercializzazione di un servizio pubblico che riporta la Spagna ad una fase “precostituzionale”.

Last but not least: alle tasse statali si aggiungono imposte delle regioni “autonome” anche in materia di giustizia. Con misura adottata sul finire del 2012, la Catalogna aveva imposto un’ulteriore tassa locale che integrava quella nazionale, rendendo ancor più oneroso il ricorso ai tribunali.

Lo scorso 16 gennaio, su iniziativa dell’avvocatura dello Stato, è intervenuta l’Alta Corte di Madrid a dichiarare l’incostituzionalità della tassa regionale catalana.

Il sistema spagnolo si avvicina a grandi passi a quello italiano, insuperabile quanto a disfunzioni e incoerenze. La regola italiana è sempre la stessa: occuparsi poco del taglio degli sprechi o della irragionevole durata dei processi preferendo l’aumento dei costi di accesso ai tribunali per fare cassa e per favorire la deflazione dei processi.

Così un ricorso per impugnare una sanzione per divieto di sosta costa quanto la stessa multa, o un ricorso amministrativo per denunciare l’irregolarità di un appalto pubblico può comportare una spesa di quattro mila euro.

Con un’ultima chicca concepita dall’allora Ministro Tremonti con la Manovra Finanziaria dell’agosto 2011: l’introduzione delle spese di giustizia per le azioni a tutela dell’ambiente promosse dalle Onlus ambientaliste e dai Comitati.

Invocare innanzi ad un Tribunale la protezione di un territorio a rischio o intentare una causa per scongiurare la costruzione di un ecomostro prevede l’esborso di migliaia di euro.

Vuoi vedere che si sta costruendo un sistema di accesso alla giustizia solo per ricchi (e per speculatori)?

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