“Siamo i black bloc, lottiamo per la liberazione del popolo e siamo contro gli abusi dei partiti islamisti”. Così, in uno dei video pubblicati giovedì scorso su internet, si presenta il nuovo gruppo di uomini mascherati apparsi nelle ultime proteste esplose nelle strade egiziane. Per il paese questa sembra essere una novità: in due anni di manifestazioni, dalla fine della rivoluzione a oggi, nessun gruppo di stampo anarco insurrezionalista aveva mai partecipato alle manifestazioni di piazza. La prima apparizione degli “uomini col volto coperto” risale alla settimana scorsa al Cairo negli scontri avvenuti tra gli ultras della squadra egiziana dell’Ahly e la polizia.

Sui black bloc, che oggi sono stati definiti dal procuratore generale del Cairo un’organizzazione terroristica, resta però il mistero. Non è chiaro, infatti, quale sia la loro organizzazione e quante persone ne facciano parte. Vestono completamente di nero e portano il passamontagna, sono in prima linea negli scontri con la polizia e nelle loro numerose pagine e account sui social media rivendicano attacchi alle sedi di governo e agli uffici del partito dei Fratelli Musulmani. A loro sarebbe imputabile l’attacco fatto ieri all’hotel Semiramis vicino a Piazza Tahrir, mentre in un video apparso oggi rivendicano di aver sottratto la camionetta delle Forze di sicurezza centrale data alle fiamme ieri al centro della piazza. Impossibile parlare con loro, negli ultimi giorni di protesta qualsiasi giornalista che ha provato ad avvicinarli è stato liquidato: “Non rilasciamo interviste alla stampa, siamo i black bloc e comunichiamo solo con i social media”.

Un’eccezione sembra averla fatta invece Sherif el-Sherafi (viene presentato dal giornalista semplicemente come “un laureato”) che ieri al quotidiano egiziano Al Watan, ha rivendicato di essere uno dei fondatori del gruppo. Secondo le sue dichiarazioni i black bloc in tutto l’Egitto sarebbero circa 10mila, organizzati in gruppi da 20 ma senza una vera e propria gerarchia. Le dichiarazioni di el-Sherafi restano però difficili da verificare e altrettanto complicato è capire quanti black bloc siano presenti nelle manifestazioni. Tra i banchetti dei venditori ambulanti di Tahrir, sempre attenti alle nuove tendenze di piazza, ora vanno a ruba i passamontagna e spesso durante gli scontri molte persone girano col volto coperto per proteggersi dai gas lacrimogeni sparati dalla polizia.

La loro nascita secondo il network Al Arabiya risalirebbe al dicembre scorso in risposta agli attacchi fatti dalle milizie presumibilmente vicine ai Fratelli Musulmani al palazzo presidenziale, quando diversi manifestanti nel sit-in anti Morsi vennero picchiati e tenuti in ostaggio per diverse ore nel palazzo. Se il fenomeno in questo momento sia sopravalutato e utilizzato dal governo per aumentare la repressione nelle strade non è dato sapersi. Il riconoscimento del gruppo come apparato terroristico da parte del procuratore generale, e le conseguenti indagini che legherebbero il nome di Hamdeen Sabahi agli attacchi dei black bloc, evidenzia che la loro presenza è presa in seria considerazione sia dal governo sia da gruppi di ispirazione islamista. Lo stesso Tarek al Zomor, leader del gruppo islamico radicale gamaa al islamiya ha dichiarato di voler creare dei gruppi di protezione contro gli attacchi dei nuovi black bloc. L’opposizione e gli attivisti di piazza restano invece scettici e scaricano i nuovi uomini mascherati con un fenomeno da minimizzare.

“Nonostante siano pochi i media e il governo stanno prendendo seriamente la questione di questo gruppo – dice il blogger Mahmoud Salem (conosciuto in rete anche con lo pseudonimo di Sand Monkey) nella sua rubrica sul Daily News Egypt. “Ora chi sta al potere ha bisogno di un gruppo illegale a cui imputare i problemi del paese. Lo sono stati i fratelli musulmani con il regime di Mubarak per 60 anni e ora i black bloc sono perfetti per prendere il loro posto”.

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