Sant’Agata sul Santerno è un comune che conta 2.849 anime. Il più piccolo comune della provincia di Ravenna. Una chiesa, un bar, un’edicola, un boss della camorra.

A dirlo anche solo una settimana fa si sarebbe stati apostrofati con il comune termine di “patacca”. «mo’ sé, patacca, un boss iquè, an sè miga a Corleone», “Non siamo mica a Corleone”. No non siamo a Corleone. La mattina del 23 gennaio a Sant’Agata è stato arrestato Nicola Femia, residente nel piccolo comune da undici anni.

Dal 2010 stavano indagando su di lui le Fiamme Gialle di Bologna, perché Femia è un noto boss della ‘ndrangheta. Nell’indagine sono stati sequestrati beni per 90 milioni di euro. Due cifre che fanno riflettere: 90 milioni di euro, 2.849 abitanti.  Femia era conosciuto in paese come “quel dal machinètti”, quello delle macchinette, ovvero delle video slot.

Sicuramente qualcuno sospettava che “quel dal machinètti” non fosse proprio uno stinco di santo, ma pochi probabilmente, avevano realmente compreso di che giro di affari fosse al vertice. O meglio qualcuno se ne era accorto. Assieme a Femia infatti la mattina del 23 gennaio è finito in manette un sottoufficiale della Guardia di Finanza di Lugo, con l’accusa di essere stato corrotto per coprire il giro di slot truccate.

E così, mentre sul sito del comune campeggiano i consigli per gli anziani su come non essere truffati e mentre il parroco ricorda della tombola del martedì sera, la mattina al bar di Sant’Agata c’è un nuovo argomento, che non sono le elezioni o le partite di pallone. Si parla di mafia, qui in un piccolo paesino della Romagna di 2.849 abitanti, pardon di 2.848.

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