Se io fossi un giornalista politico ai politici che si candidano a governare il Paese per i prossimi, decisivi, cinque anni, avanzerei alcune semplici, importanti domande. Questo per consentire ai potenziali elettori di avere qualche elemento in più per orientarsi nel supermercato dell’offerta elettorale. Se  io fossi un giornalista politico farei notare, ad esempio, che il vero tema strategico per il futuro dell’Italia (e non solo), e cioè l’ecologia, è il grande assente in un dibattito interessato solo a liste, poltrone, scandali e alleanze.

Chiederei, se io fossi un giornalista politico, se il prossimo Parlamento voterà o meno una legge sul Consumo di suolo, per una moratoria che imponga a tutti i comuni italiani uno stop immediato al consumo di territorio, orientando (con risorse, incentivi e sgravi fiscali) il mercato verso la scelta ormai obbligata della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato, e il recupero delle aree dismesse.

Cercherei, se fossi un giornalista politico, di vincolare tutte le coalizioni ad un impegno certo che miri ad imporre il rispetto della legge in merito alla soglia minima di raccolta differenziata (65%) che  tutti i comuni dovrebbero rispettare, avviando al contempo un piano nazionale verso rifiuti zero sui modelli pilota di Ponte nelle Alpi – Bl (90% di raccolta differenziata, produzione pro-capite di meno di 30 Kg. di rifiuti all’anno) e di Capannori – Lu (85% di r.d., porta a porta spinto con tariffazione puntuale, progetti per la riduzione alla fonte dei rifiuti).

Verificherei, se fossi un giornalista politico, la disponibilità da parte dei potenziali premier, all’istituzione di un Ministero delle Piccole Opere che, drenando risorse dalle inutili e cosiddette Grandi Opere, valorizzasse scelte e azioni meno visibili ma più utili ed efficaci per il territorio e le comunità locali (come la tutela del paesaggio, la prevenzione del dissesto idrogeologico, la sistemazione della rete idrica ed energetica, la messa in sicurezza del patrimonio scolastico nazionale, ecc.).

Proverei a capire, se fossi un giornalista politico, se chi parla di futuro chiedendo una delega in bianco per la gestione della cosa pubblica nei prossimi anni, sia in grando di prevederlo, il futuro, dotandosi di strumenti tanto semplici quanto rivoluzionari, in questo Paese strano in cui si governa a vista, come ad esempio l’adozione di un serio Piano Energetico Nazionale, che favorisca l’efficientamento energetico degli edifici pubblici (scuole, sedi istituzionali, edilizia residenziale, impianti sportivi, musei e biblioteche, ospedali, ecc.) e l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili (quelle vere, s’intende, il cui elenco non può annoverare inceneritori, cementifici, rigassificatori e altre diavolerie del genere…).

Stimolerei un confronto, tra le forze in campo, rispetto al tema della mobilità sostenibile e di una programmazione territoriale che orienti dall’alto scelte e infrastrutture sostenibili: meno parcheggi e rotatorie e più piste ciclabili e marciapiedi; meno treni ad alta velocità e più trasporto pubblico locale.

Se fossi un giornalista politico domanderei, quasi per scrupolo, come intendono orientarsi le future coalizioni rispetto alla gestione dei beni comuni, a partire dall’acqua, per la cui ripubblicizzazione si sono espressi più di 27 milioni di cittadini, il cui giudizio è stato nei fatti ad oggi ignorato, con una trasversalità nell’arco costituzionale a dir poco vergognosa.

Ma a pensarci bene, in fondo, se fossi un giornalista politico così molto probabilmente le mie domande farebbero fatica a trovare un luogo (un microfono, una pagina di giornale) o una bacheca per essere poste. Men che meno, temo, otterrebbero risposte.

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