Ieri mattina presto a Parigi non si respirava o, meglio, l’aria sapeva di uova marce. La gente si è svegliata dal sonno sentendo quella che è considerata essere “puzza di gas”. Panico! Un veloce controllo dei rubinetti del gas di casa non evidenziava nessuna perdita. Si è passati poi a verificare se l’odore provenisse dalla tromba delle scale per poi passare ad aprire le finestre di casa sperando che l’odore sparisse mescolandosi con l’aria “pulita” di fuori. Peggio! L’odore nauseabondo proveniva proprio da fuori. E precisamente da 120 km di distanza. Infatti da una fabbrica di Rouen (la Lubrizol), pare per una reazione chimica non voluta (ed incontrollata), si è generato metandiolo che è stato immediatamente liberato nell’aria. In poche ore la nube, che secondo le autorità francesi non è tossica, ha raggiunto la Francia del Nord e l’Inghilterra meridionale. Ad ora non è stato comunicato su quali studi si basi l’affermata non pericolosità di un prodotto generato per sbaglio da una reazione chimica non prevista. Sono certa che non mancheranno.

Sta di fatto, però, che la partita di Coppa di Francia di calcio fra Rouen e Olympique Marsiglia che si doveva svolgere a 2 km di distanza dalla summenzionata ditta è stata rinviata. Non voglio discutere le affermazioni basate su non misure e non conoscenze specifiche dei pompieri e del Ministero dell’ambiente francese. Riconosco che in questi fenomeni di massa è importante non creare panico. Ma, a furia di non creare panico, poi si creano più danni. Mi ritornano ancora alla memoria le rassicurazioni delle autorità americane subito dopo il crollo delle Torri Gemelle: le polveri non sono pericolose per la salute. Quella dichiarazione tranquillizzante ora costa 4,7 bilioni di dollari di risarcimenti, per quanto il denaro possa risarcire guai come quelli che si sono obiettivamente e per nulla inaspettatamente verificati.

Il problema è che queste istituzioni che ci dovrebbero proteggere non hanno nessuna esperienza di vere emergenze “moderne” e non hanno protocolli per gestire gruppi enormi di persone. Credo che Parigi non abbia un piano di fuga per emergenze sanitarie. Quindi, le affermazioni che sono uscite sono solo per tutelare l‘inefficienza di queste organizzazioni. Come posso io prestar loro fede?

Uno degli aspetti che mi hanno colpito è la rapidità di diffusione di questi gas. Nel caso francese il sensore personale “naso” non solo non può tradire ma non può essere confutato da nessuno. Della velocità di diffusione avevo, comunque, già avuto una prova quando era eruttato il vulcano in Islanda che aveva bloccato per una settimana tutti i voli europei per la dispersione di polveri fini.

Ora con i gas viaggiano anche polveri sottili, le nanoparticelle, che per il loro peso così limitato galleggiano nell’aria. Non conoscendo la causa e la dinamica dell’incidente non si può dire che cosa c’era davvero in quella nube maleodorante, ma sappiamo grazie ai nostri nasi qual è stata la portata del fenomeno: molto ampia. Il problema vero è che con questo modo di ragionare (nascondi, così non crei panico) nessuno si preoccuperà di monitorare che cosa succederà dopo, cioè gli effetti nel tempo.

Disastri così ampi sono già successi: ad esempio alla Icmesa a Seveso (1976), lo scoppio di una fabbrica di fuochi d’artificio (forse armi) ad Enschede (2000), lo scoppio della Fabbrica AZF a Tolosa (2001), lo scoppio e il rogo alla Zanussi di Susegana (2004), lo scoppio della santabarbara a Tirana (2008), il rogo della DeLonghi a Treviso (2007). Tranne il caso di Seveso in cui le emissioni avevano una tossicità veloce a manifestarsi, negli altri casi vi è un limbo. I medici che hanno verificato nel tempo aumenti di tumore o di altre patologie vengono smentiti sostenendo che non è dimostrata la correlazione. Con l’amianto ci abbiamo messo circa 2000 anni per accettare quello che sapevamo già: che un suo effetto è il mesotelioma pleurico o peritoneale. Tempi di latenza dall’esposizione superiori alle 48 ore non vengono considerati. Dunque, tutto bene.

 

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