Un referendum, entro il 2017, per capire se il Regno Unito vuole stare dentro l’Unione europea. Ma, per scongiurarne un’uscita, una ridefinizione dei rapporti fra Londra e Bruxelles, il prima possibile, magari con un nuovo trattato. Il tanto atteso discorso sull’Europa del primo ministro britannico David Cameron è arrivato, discorso rinviato più volte, l’ultima per la crisi degli ostaggi in Algeria, e che si è tenuto poche ore fa nella sede di Bloomberg, a Londra. Cameron è stato chiaro e non ha deluso le truppe dei conservatori euroscettici che lo attendevano al varco: “Oggi, la delusione verso l’Ue è ai livelli più alti di sempre. Io però voglio che l’Unione europea sia una successo. E voglio un rapporto tra la Gran Bretagna e l’Ue che ci veda dentro l’Unione”. Come a dire, ascoltateci, dateci voce in capitolo, lasciateci decidere per il nostro destino e, soprattutto, fate come diciamo noi: perché questa volta è colpa vostra. Secondo la stampa britannica, che ha cercato di ricostruire alcuni passaggi un po’ oscuri del discorso del primo ministro, al centro del suo discorso è stato proprio quel Trattato di Roma del 1957, che vedeva l’Unione europea come una realtà sempre più coesa e sempre più integrata. “Non è detto che debba essere così – ha detto Cameron – e agli Stati deve essere lasciata l’opzione di tornare ad avere in seno alcuni poteri, quando lo richiedano e ne abbiano bisogno”.

Arrivano, intanto, le prime reazioni, come quella di Martin Schulz, presidente del parlamento europeo. Schulz ha affidato il proprio pensiero a Twitter e ha fatto sapere: “L’Europa ‘à la carte’ non è un’opzione, dobbiamo concentrarci su lavoro e crescita più che perderci dietro discussioni sui Trattati”. Gli fa eco la cancelleria tedesca: “Le differenze sono ancora necessarie – fa sapere il ministro degli esteri di Berlino ministro degli esteri Guido Westerwelle  – ma una politica che voglia prendere solo il meglio non è un’opzione”. Ma è proprio la ridiscussione dei trattati ciò che vuole Cameron e, con lui, l’esercito dei conservatori euroscettici, rimpinguato sempre più da legioni di laburisti: un’Europa fatta su misura, “dove la burocrazia europea non debba decidere quante ore devono lavorare dottori e infermieri nel Regno Unito”, ha detto Cameron, un’Europa che preveda, almeno per la Gran Bretagna, l’esenzione dal principio del “sempre più coesi e sempre più integrati”. Questo Londra non lo vuole, delegare a Bruxelles deve essere uno strumento in certe occasioni, quando torna comodo, e non un fine. E, soprattutto, come ha detto il primo ministro, “L’Europa deve capire che noi eretici, spesso, abbiamo avuto ragione. Il più grande pericolo per l’Unione non viene da chi si fa portatore di un nuovo modo di pensare, ma da chi ritiene che chi pensa in modo diverso sia un pericoloso eretico”. Cameron ha anche detto: “Noi rispettiamo chi ha come obiettivo quello di essere sempre più integrati, ma questo non è il nostro scopo e dobbiamo essere lasciati liberi di decidere di non essere trascinati in altrui scelte di vita”.

Eppure, qualche grana per Cameron è in vista, come ha sottolineato il pur euroscettico quotidiano Daily Mail. I britannici, a quanto pare, nonostante le campagne dei conservatori e di altri partiti antieuropeisti come l’Ukip, sono sempre più a favore di Bruxelles. Secondo un sondaggio imponente commissionato da YouGov, il numero di coloro che voterebbero per restare nell’Unione ha superato, per la prima volta, il numero di quelli che vorrebbero uscirne. Per la prima volta si intende da quando Cameron è diventato primo ministro e il tutto, chiaramente, pensando a questo ipotetico referendum la cui data ideale è stata indicata oggi per la prima volta dal premier. Il 40% dei britannici, al momento, voterebbe per la permanenza nell’Ue, contro il 34% che invece vorrebbe separarsi dal resto della comunità. Percentuali che vanno a braccetto con quelle che indicano una rimonta del Labour ma anche un apprezzamento per molti dei ministri di Cameron. Ministri e sottosegretari che, oggi, si lanciano in lodi e apprezzamenti per il discorso del loro capo. Il Cameron-pensiero sull’Europa doveva andare in scena venerdì scorso, ma poi fu rinviato a causa della crisi algerina e del destino incerto degli ostaggi in mezzo al deserto. Oggi, il primo ministro britannico rischia di “fare il deserto” attorno a sé: ma l’appoggio in casa, a quanto pare, nel Regno Unito vale molto più del supporto in una Bruxelles sempre più lontana.

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