Amareggiato per l’arresto e per alcune false informazioni diffuse sul suo conto, ma deciso a difendersi “fino ai denti”. A sei giorni dal blitz della Guardia di finanza che lo ha fatto finire ai domiciliari con l’accusa di peculato e corruzione, l’ex sindaco di Parma Pietro Vignali si è avvalso della facoltà di non rispondere di fronte al giudice Maria Cristina Sarli e al pm Paola Dal Monte.

È il giorno dell’interrogatorio di garanzia e l’ex primo cittadino di centrodestra è arrivato in Procura alle 9,20 passando dall’ingresso posteriore a bordo di un taxi per schivare i flash dei fotografi e della stampa appostata. Il tempo di firmare i documenti del verbale e poi di nuovo nella sua abitazione, a poche centinaia di metri dalla piazza Garibaldi che un tempo era il suo quartier generale di sindaco.

Le dichiarazioni che ci tiene siano fatte ai giornalisti, Vignali le affida all’avvocato reggiano Romano Corsi, che si occuperà della sua difesa insieme a Nicola Mazzacuva di Bologna. “Il dottor Vignali ha fiducia nella giustizia e si difenderà fino ai denti – ha detto Corsi – ma è rimasto ferito e molto amareggiato per la bufala scritta nell’ordinanza di custodia cautelare riguardante il tesoretto di 1,9 milioni di euro che avrebbe accumulato. Un’idea odiosa che Vignali tiene a smentire, in quanto è titolare di due conti correnti dalle somme di modesta entità e di una polizza assicurativa di 30mila euro a seguito della morte del padre cointestata con i fratelli e la madre”.

Tramite il suo legale, l’ex sindaco smentisce l’esistenza dei rimanenti conti (in tutto nove) a lui attribuiti dalla Guardia di finanza all’atto del sequestro dei beni in concomitanza dell’arresto. Conti aperti in istituti di credito con cui Vignali non avrebbe rapporti e che per l’avvocato Corsi “sono da attribuire a casi di omonimia, ma comunque non hanno nulla a che vedere con lui”. Questa la più grande preoccupazione di Vignali, accusato tra le altre cose di avere distratto 600mila euro di fondi pubblici per finanziarsi la campagna elettorale che lo ha portato nel 2007 alla guida del Comune, e che all’atto delle sue dimissioni, nel settembre 2011, aveva dichiarato di lasciare “da persona onesta che ha sempre lavorato per il bene della nostra città”.

L’avvocato non entra nel merito dei dodici capi di imputazione che pendono sull’ex sindaco, che descrive come “amareggiato, preoccupato di smentire questa informazione infondata. È anche una persona che è stata malata, ma affronterà tutto questo con fiducia nella giustizia”. Per quanto riguarda la strategia difensiva adottata nel primo incontro con il giudice, Vignali si è avvalso della facoltà di non rispondere “per ragioni tecniche – spiega l’avvocato – viste le 140 pagine di ordinanza di custodia cautelare che abbiamo appena fatto in tempo a leggere, e le 28mila pagine di indagini preliminari a cui fanno riferimento”. Il legale ha depositato mercoledì scorso, il giorno dell’arresto, il ricorso al Riesame del Tribunale della libertà di Bologna per la revoca della misura cautelare dei domiciliari. “L’arresto anticipato e l’esigenza della misura cautelare – spiega – non è giustificata perché il dottor Vignali non ricopre più il suo ruolo istituzionale da un anno e mezzo. Solo il pericolo di inquinamento delle prove, di fuga o di reiterazione del reato giustificherebbero un atto di questo genere, ma da oltre un anno e mezzo Vignali non svolge più funzioni pubbliche e non ha più contatti con quelle persone”.

Corsi sottolinea anche la sensazione di Vignali di “scoramento per un provvedimento inaspettato che sembra a orologeria”, visto che le richieste di arresto per l’ex sindaco, il capogruppo Pdl in Regione Luigi Giuseppe Villani, l’ex amministratore di Stt Andrea Costa e l’imprenditore ed editore Angelo Buzzi erano pronte da quest’estate. Sabato scorso a comparire di fronte al gip Sarli sono stati gli altri tre arrestati. L’unico a non parlare è stato Costa, mentre Buzzi e Villani hanno risposto alle domande del giudice.

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