martin-luther-kingOggi in America si celebra il Martin Luther King’s Day, il giorno in onore dell’uomo che più di tutti ispirò la più grande, significativa e dovuta trasformazione sociale nel paese. 

Oggi, a Washington, Barack Obama giura per la seconda volta, come presidente degli Stati Uniti. Non vedere le connessioni fra il dr. King (sulla cui Bibbia oggi Obama poserà la mano per il giuramento) e Barack Obama, o pensare che esse siano solo ed esclusivamente nel colore della pelle, significa aver abdicato per sempre al sogno e alla possibilità del cambiamento. Alla capacita’ di sognare e di avere una visione che vada oltre ogni legittimo dubbio. Una visione di un mondo migliore. La stessa che ebbe Rosa Parks quando, stanca da una giornata di lavoro, si sedette nell’autobus dove, l’ignoranza di molti la costringeva a restare in piedi, per rispetto ai ‘visi pallidi’. Rosa Parks si sedette non per infrangere la legge, cosa in cui molti di noi sono bravissimi, ma perché era stanca e sapeva, con convinzione, che il colore della sua pelle non la rendeva diversa dagli altri. Rosa Parks iniziò una rivoluzione perché era stanca. La stanchezza e il sogno spesso si accompagnano. Perche’ il sogno si fonda solo ed esclusivamente sulla nostra capacità, volontà e determinazione di realizzarlo. Senza mettere gli “impedimenti” prima di tutto e quel senso di orribile resa che ci  fa dire “non si può cambiare”.

Oggi, a Washington, Barack Obama ricorderà al paese che ciò che conta, per sperare in un mondo migliore, è rimboccarsi le maniche e lavorare sodo e con determinazione per il proprio sogno. Tanto da sederci, per stanchezza, laddove ci è vietato e dare così il via ad una rivoluzione civile. Vietato non dalla legge giusta, ma dall’idiozia di pochi. 

Quando Ronald Reagan firmò per rendere il terzo giorno del mese di gennaio, festa nazionale in onore del Reverendo King, molti storsero il naso. Quelli per cui il mondo dovrebbe restare fermo allo stesso punto. Quelli che hanno paura di sognare perché hanno paura di dover lavorare per questo.

Solo i veri leader morali possono avere visioni come questa. Solo i grandi uomini. Quelli che cambiano la storia. “E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!
Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.
Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York. 
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: “Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.

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