Mentre in Mali il silenzio dei droni semina morte e distruzione, nel profondo sud del continente africano il frastuono allegro delle vuvuzela annuncia l’inizio della Coppa d’Africa 2013. Inizialmente prevista in Libia, un’altra guerra, o forse sempre la stessa, l’ha sfrattata. E ad accogliere il torneo ci ha pensato il Sudafrica, grazie agli impianti e le infrastrutture pronte all’uso, cui è stata solamente necessario togliere la coltre di polvere e abbandono che li ricopriva. A soli tre anni di distanza dalla faraonica organizzazione dei mondiali di calcio del 2010: un successo d’immagine e un tragico flop economico dato che, a fronte dei circa 3,6 miliardi di euro spesi nel 2010, ne sono stati recuperati dieci volte di meno. Chi ci ha guadagnato, al solito, è stata la lungimirante Fifa, che è scappata dalla miseria sudafricana con un bottino di quasi 2 miliardi. Questa volta però il Sudafrica, paese in cui la disoccupazione giovanile ha superato il 50 per cento, potrebbe riuscire ad evitare il salasso.

Per non rimanere di nuovo dissanguati, e perché le squadre partecipanti alla Coppa sono solamente 16 a fronte delle 32 del Mondiale, si è deciso per quest’anno di aprire solo 4 stadi: Durban, Port Elizabeth, Nespruit e Rustemburg. Mentre Johannesburg ospiterà la partita inaugurale e la finale. A rimanere chiusi saranno impianti faraonici come quello di Cape Town – dove l’Italia esordì nel 2010 contro il Paraguay – costruito appositamente per i Mondiali del 2010 e costato la bellezza quasi mezzo miliardo di euro. Una vera e propria cattedrale nel deserto, dato che il suo utilizzo è saltuario e le spese per il suo mantenimento altissime. E così, giocando in solo quattro impianti, si verificherà nei turni preliminari lo strano caso, senza precedenti a questo livello, di avere due partite giocate sullo stesso campo di gioco a distanza di poche ore. Questo permetterà però al Sudafrica di contenere i costi, stimati in poco più di 40 milioni di euro a detta del capo del comitato organizzatore Mvuzo Mbebei.

Favorita d’obbligo la Costa d’Avorio, il cui capitano Drogba, all’ultima occasione di vincere qualcosa con la sua nazionale, si è augurato di “non fare la fine dell’Olanda” intesa come squadra dal potenziale immenso che (quasi) mai è riuscita a portare a casa una coppa. Poi il Ghana e i padroni di casa del Sudadfrica. Mentre Tunisia e Algeria potrebbero essere le sorprese, anche se non così clamorose come lo Zambia vincitore della scorsa edizione. Ma all’ombra delle fotografie delle stelle annunciate della competizione Drogba, Tshabalala e Asamoah, emergono vicende di corruzione e intrighi di potere da fare invidia al calcio nostrano. Il mese scorso, infatti, la federcalcio sudafricana (Safa) ha sospeso – o meglio, chiesto un periodo volontario di sospensione dal lavoro – il suo presidente Kirsten Nematandani e quattro dirigenti di alto rango (Dennis Mumble, Lindile ‘Ace’ Kika, Adeel Carelse e Barney Kujane) dopo che un’inchiesta della Fifa li ha trovati coinvolti in un giro internazionale di calcioscommesse.

Ma con un clamoroso voltafaccia, la stessa Safa la settimana scorsa ha reinsediato i cinque al loro posto, sostenendo che non aveva l’autorità per allontanarli. Eppure, nel rapporto di oltre 500 pagine della Fifa, i dirigenti sudafricani sono coinvolti, se non come esecutori per lo meno come persone a conoscenza del misfatto, in una serie di partite internazionali il cui risultato è stato combinato per il mercato delle scommesse. Le due che si riferiscono al Sudafrica sono amichevoli giocate a maggio prima dei mondiali del 2010. Sud Africa-Guatemala 5-0 e Sud Africa-Colombia 2-1: in entrambe le partite sono stati assegnati tre rigori, tutti e tre al limite del ridicolo. Il tutto è emerso grazie alle confessioni di Wilson Raj Perumal, presidente della Football4U arrestato nel 2011 in Finlandia e braccio destro del Padrino del calcioscommesse internazionale Dan Tan Seet Eng. Perché in fondo nel calcio tutto il mondo è paese: che si tratti di Bari-Salernitana o di Coppa d’Africa.

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