Sono almeno 100 gli ostaggi stranieri che si trovavano a In Amenas è che ora sono liberi. Ne mancano quindi solo 32 all’appello. Lo riferisce l’agenzia algerina Aps citando fonti della sicurezza. Fonti delle forze speciali hanno spiegato, però, che non è ancora possibile stilare un bilancio preciso perché molti lavoratori stranieri, all’esplodere della crisi, hanno cercato riparo tra le strutture dell’impianto estrattivo dove potrebbero essere ancora nascosti. Resta confusa quindi la situazione che riguarda gli ostaggi rapiti il 16 dicembre da un gruppo jihadista nell’impianto per l’estrazione di idrocarburi di In Amenas, nel sud-est dell’Algeria, dopo che le forze armate algerine hanno effettuato un blitz per liberarli, che ha provocato molte vittime. Al Qaeda aveva attaccato l’impianto per protestare contro la concessione dello spazio aereo algerino agli aerei francesi diretti in Mali. Secondo la tv araba Al Jazeera, che cita fonti della sicurezza algerina, sono 30 gli ostaggi morti finora nel blitz, 7 dei quali stranieri. Il ministro delle Telecomunicazioni algerino, Mohamed Assaid, ha giustificato l’operazione spiegando che i rapitori volevano fuggire dall’impianto con gli ostaggi.

Nel frattempo sembra esserci una richiesta di scambio. Infatti secondo quanto riportato dall’agenzia di notizie mauritana AniMokhtar Belmokhtar, leader della Brigata islamica che ha rivendicato il sequestro, si è detto disposto a liberare gli ostaggi americani in cambio della scarcerazione dello sheikh egiziano Omar Abdel Rahman e della pakistana Aafia Siddiqui, detenuti nelle carceri statunitensi con accuse legate al terrorismo. La stessa agenzia ha informato che Belmokhtar ha registrato un video che sarà inviato a breve ai media e nel quale, oltre a proporre questo scambio, chiede a francesi e algerini di aprire un negoziato per porre fine alla guerra nell’Azawad, ossia nel nord del Mali, occupato da mesi dai gruppi estremisti islamici.

Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Norvegia, Irlanda e Giappone hanno confermato la presenza di loro tecnici nell’impianto. I governi di questi paesi hanno lamentato la mancanza di ogni coordinamento con le autorità algerine e di non essere stati avvisati del raid militare contro i rapitori. L’operazione ha causato non poche irritazioni nella comunità internazionale. Dell’azione militare avrebbero dovuto essere informati i paesi degli stranieri coinvolti, ma non è andata così. Londra ha affermato che “avrebbe preferito” essere informata prima dell’inizio delle operazioni. Il presidente americano, Barack Obama, si è tenuto costantemente in contatto telefonico con il premier britannico David Cameron e il presidente franceseFrançois Hollande. Anche Washington è stata tenuta all’oscuro dell’avvio del blitz. Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha detto che l’amministrazione Usa “ha chiesto chiarimenti al governo di Algeri”. Tensioni pure con il Giappone che ha convocato l’ambasciatore algerino: il governo aveva chiesto di interrompere al più presto il blitz. 

“Davanti al terrorismo, ieri come oggi e come domani, non ci sarà né negoziato, né ricatto, né tregua. La nostra è una posizione nota da tempo” aveva detto ieri in un lungo intervento alla tv di Stato Said. “Abbiamo cercato sino alla fine – ha rivelato – di evitare quel che è poi accaduto, ma tutta la responsabilità ricade sui terroristi e sul loro comportamento. L’Algeria, ha aggiunto ancora l’esponente del governo, si è trovata sotto attacco da parte di una vera e propria “internazionale del terrorismo” (del gruppo facevano parte, oltre ad algerini, anche egiziani e tunisini e forse un europeo di pelle chiara, forse francese secondo alcune fonti), che aveva un obiettivo preciso: l’aggressione allo Stato ed alla sua economia, che poggia nella quasi totalità sulle esportazioni di idrocarburi (il 18 per cento di quelle di gas vengono proprio dal sito attaccato dai jihadisti). Ma l’attacco intendeva anche coinvolgere l’Algeria in una guerra (quella in Mali) che non condivide. L’Algeria, ha aggiunto Said, ha dato prova di sé rispondendo con efficacia all’attacco che le è stato sferrato”.

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