Una legge di Pinochet per difendersi dalle manifestazioni di dissenso. La ley antiterrorismo voluta dall’ex dittatore per combattere la resistenza al suo regime (1973-1990) è lo strumento che ha scelto Sebastian Piñera, presidente del centrodestra cileno, per spegnere le proteste studentesche e i tanti focolai di dissenso che si accendono da un paio d’anni sempre più spesso qua e là nel Paese e che finiscono per confluire sotto l’egida del movimento studentesco, uno dei più vivaci del pianeta. L’ultimo, durissimo, è il conflitto per lo sfruttamento delle terre dell’estremo sud.

La Patagonia cilena, terra meravigliosa e ricca di boschi, è un boccone ghiotto per le grandi aziende forestali protette dal governo e detestate dalla popolazione locale indigena, di etnia mapuche, che abita da sempre l’ultima lingua di terra dell’America del sud. L’inizio del conflitto risale ai primi anni Novanta. Nelle ultime settimane si è riacceso, con barricate e incendi, nella zona di Araucaria. La repressione nei confronti dei mapuche, definiti abitualmente “scimmie” dall’estrema destra cilena, è sempre stata feroce. Piñera per stroncare la protesta e liberare la strada della Patagonia alle ruspe ha addirittura deciso di disseppellire la vecchia legge della dittatura contro i sospetti terroristi. La legge raddoppia le pene previste per qualsiasi condanna se il reato contestato ha l’aggravante dell’essere considerato atto terroristico e consente di incarcerare persone sospette senza farle passare davanti a un giudice che ne convalidi il fermo. Galera preventiva a discrezione dell’esecutivo, quindi. Non proprio il massimo della democrazia. E’ già toccata a una coppia di mapuche. Considerati dai carabineros sospetti per l’incendio di una casa a Vilcun avvenuto il 4 gennaio scorso in cui sono morte due persone, in una zona al centro del conflitto per lo sfruttamento delle foreste, José Cordoba Transito e sua moglie (che si dicono innocenti) sono stati sbattuti in cella senza processo e senza che un magistrato abbia dei tempi imposti dalla legge per convalidarne il fermo. “Usiamo la legge contro i terroristi, indipendentemente dalla loro etnia” ha detto Piñera parlando in una caserma di carabineros al centro di Santiago. Il governo accusa le comunità indigene delle zone minacciate dalle ruspe di essere sobillate da “organizzazioni terroristiche straniere”. Le comunità coinvolte denunciano invece “infiltrazioni di persone di estrema destra venute da Santiago utilizzate per criminalizzare la protesta”.

Approfittando del clima da tolleranza zero creato dal riaccendersi del conflitto per le terre del sud, dove sono stati inviati 5mila agenti di polizia il cui operato è insindacabile quando sono in missioni considerate antiterroristiche, Piñera ha anche ritirato fuori un progetto di legge già approvato a luglio in Commissione difesa. Da ieri è in discussione in plenaria alla Camera la legge anti-incappucciati, la Ley Hinzpeter (dal nome del ministro della Difesa che l’ha promossa). Le norme prevedono, tra l’altro, l’arresto di chi manifesta con il viso coperto.

Il giro di vite sulle manifestazioni antigovernative, che l’anno scorso di questi tempi hanno portato Piñera sull’orlo delle dimissioni, arriva in un momento in cui il movimento studentesco è ancora organizzato ma meno combattivo di quanto lo è stato negli ultimi due anni. La Ley Hinzpeter è stata annunciata la prima volta nel 2011, quando le strade di Santiago erano paralizzate tutti i giorni da cortei studenteschi che rivendicavano “un’educazione gratuita e di qualità”. Il sistema universitario in Cile è ancora quello della dittatura ed è tutto incentrato sulle scuole private. L’educazione è carissima. Mediamente uno studente di famiglia piccolo-borghese si indebita per almeno un decennio per potersi permettere una laurea. Finora il movimento studentesco è stato il più temibile avversario di Sebastian Piñera. Se si saldasse alle proteste dei mapuche (che, più ancora degli studenti, hanno ben poco da perdere) nelle strade di Santiago tornerebbero ad alzarsi le barricate. E la legge antiterrorismo, a quel punto, potrebbe essere invocata anche nella capitale. A questo serve la drammatizzazione del conflitto coi mapuche.

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