Ieri ha nevicato e tutto il paesaggio è diventato bianco. Bianco: pulito.

Come ogni anno metto un contenitore sterile fuori dalla finestra e raccolgo la neve. La neve, scendendo, porta con sé tutto ciò che trova sul suo cammino. Da un po’ di anni trova polvere.

Così, ogni volta che nevica analizzo queste polveri che aumentano ad ogni analisi. Quando la neve si scioglie, polveri scure nel fondo del recipiente sono visibili ad occhio nudo da tutti.

La prima neve verso gennaio e febbraio è quella più ricca, la più sporca.

Ogni anno, studiando la chimica e la struttura di queste polveri, ho delle sorprese. Scopro delle composizioni mai viste prima. E’ un mondo sconosciuto, paradossalmente, perversamente affascinante, espressione soprattutto della nostra industrializzazione. Infatti, là fuori, in atmosfera, si trovano tutte le polveri prodotte dai nostri fumi, da ciò che noi bruciamo. E si trovano i residui della benzina e del gasolio delle nostre automobili, e le polveri dei camini delle nostre case riscaldate, e quelle emesse dagli inceneritori, e quelle dei fumi industriali…Poi, ovviamente, ci sono anche gli scarichi degli aerei commerciali e militari. Non metto in conto le polveri, veramente sporadiche, di agricoltori che sparano ioduro di argento contro le nubi per evitare la grandine, ma ci sono pure quelle.

Le sorprese vengono dalle nuove tecnologie messe in opera. Ad esempio i filtri antiparticolato (FAP o simili) inseriti nelle auto rilasciano e aggiungono in atmosfera ossido di cerio e ferrocene che fino a qualche anno fa erano inquinanti sconosciuti.

A Taranto, dove c’è l’Ilva, è difficile che nevichi, ma sono sicura che da quelle parti la neve sarebbe bella pesante, gravida di acciaio.

La neve porta al suolo la polvere in sospensione e così l’aria per un momento si libera del suo particolato, ma questo particolato, ovviamente, invade il terreno, sporcandolo e inquinando le nostre colture di prodotti agricoli che poi noi mangiamo. Poi entra nelle falde acquifere.

Oggi il Commissario Europeo Potocnik ha messo in evidenza come l’inquinamento ambientale non sia diminuito per niente, anzi è aumentato in barba alle direttive europee che davano come limite i 40 microgrammi per metro cubo. Ogni anno i giorni di sforamento dai valori consentiti non dalla scienza ma dalla legge aumentano e vanno ben oltre i 35 giorni concessi. Per diversi motivi la Pianura Padana è in testa alle classifiche.

Anche in altre parti del mondo l’inquinamento è salito alle stelle. In Cina siamo ormai a livello arancione (al rosso si può morire): per le PM 2,5 si è registrato un valore di 500 microgrammi per metro cubo di polveri sottili, ed in alcune zone si sono toccati i 700 -993 microgrammi. Non meglio sta l’India

Il Commissario Europeo ha individuato alcune delle cause nel non ottemperamento alle direttive anti-smog per tenere sotto controllo l’inquinamento: l’inadeguato coordinamento delle politiche fra livelli nazionali, regionali e locali; la persistenza dell’inquinamento transfrontaliero; la mancata riduzione delle emissioni del traffico; il mancato coinvolgimento di tutti i settori nel taglio degli inquinanti; la poca sinergia con le politiche contro i cambiamenti climatici.

Insomma, il proliferare di attività combustive sta mettendo a dura prova la salute della gente.

Credo che si dovrebbero rivedere le nostre priorità: vogliamo vivere o morire? Morire male, intendo.

Intanto anche la neve non è più quella di una volta. Siamo riusciti a sporcare pure lei.

Articolo Precedente

Ma cosa si nasconde dietro le rotonde stradali?

next
Articolo Successivo

Monti e l’insostenibile inutilità della Tav

next