Mentre economisti e pensatori di vario orientamento sottolineano giustamente l’importanza della formazione e in particolare dell’università come fattore di progresso sociale e sviluppo economico, l’agonizzante governo del professor Mario Monti pensa bene di dare un ulteriore colpo all’altrettanto agonizzante Università italiana.

Voglio richiamare a tale proposito l’attenzione su di un appello che ho ricevuto recentemente, che sottolinea che “i finanziamenti necessari per il pagamento degli stipendi al personale sono di 6,62 miliardi di euro mentre lo stato quest’anno trasferisce alle Università 6,6 miliardi. La differenza è minima ma significativa poiché il fondo questa volta non basta a coprire gli stipendi e le spese fisse”. D’altro canto “la conferenza dei rettori aveva chiesto al governo uno stanziamento di 500 milioni di euro come reintegro dei tagli precedenti in modo da ipotizzare un sia pure irrisorio incremento per le spese di funzionamento. Ne sono stati assegnati all’università solo 100 con un taglio effettivo di risorse del 4,3%, un taglio superiore a quello del 2011 (-3,8%)”.

Ciò indica in modo inequivocabile, secondo l’appello, che il governo Monti ha come preciso obiettivo quello di destrutturare l’università pubblica. Con queste cifre infatti rischiano il default e il commissariamento 20 università in maggioranza meridionali.

Nell’ottica neoliberista che contraddistingue questo governo e le forze politiche che lo sostengono, inoltre, l’istruzione e la cultura non sono diritti, ma merci che devono essere vendute sul mercato realizzando dei profitti. Si tratta di una visione fortemente in contrasto con la Costituzione repubblicana. Ma anche, come accennato, con una concezione della società e del suo futuro che ritiene che l’istruzione e la cultura costituiscano fattori di progresso e vadano pertanto diffusi il più possibile, in modo tale da consentire la nascita e lo sviluppo di un pensiero vigile e critico che costituisce la migliore base per una democrazia effettiva e funzionante. Ma anche di un’innovazione tecnologica, organizzativa e culturale della quale si nutre lo sviluppo economico sostenibile ed equilibrato, finalizzato a soddisfare i bisogni effettivi della società stessa.

In altri termini, più è elevato il livello culturale di una società, maggiori sono le opportunità del suo sviluppo da tutti i punti di vista. Ciò richiede un’impostazione adeguata in termini di mezzi e risorse da investire e una concezione democratica e inclusiva del sapere.

Mi lasciano estremamente perplesso, da tale ed altri punti di vista, i tentativi di costituire una gerarchia “di eccellenza” fra i vari atenei. Per certi versi si tratta solo di operazioni pubblicitarie prive di ogni fondamento reale. Per altri versi alla base di queste operazioni di marketing c’è la micidiale logica neoliberale dell’esclusione e della divisione della società, secondo linee divisorie prestabilite secondo il reddito, accentuando pertando le contrapposizioni e disparità sia sociali che territoriali. Per altri versi ancora, grazie a operazioni di questo tipo si alimentano, in particolare nel nostro Paese, nuove greppie e carrozzoni indecenti come l’Anvur, con un notevole spreco di denaro pubblico. 

Un altro aspetto di questa operazione volta a introdurre una logica di classe nell’istruzione, in questo caso quella superiore, è l’introduzione del numero chiuso, attuata in modo assolutamente demenziale mediante quiz che dovrebbero essere finalizzati a valutare il grado di cultura generale degli aspiranti studenti. Bene hanno fatto quindi i TAR  a censurare tale sistema illegittimo, fra l’altro, dal punto di vista della disparità di trattamento fra studenti appartenenti ad atenei e situazioni differenti. Illegittimo sulla base dell’art. 3 della nostra Costituzione ancora vigente, nonostante Berlusconi ed altri vorrebbero abolirla.

Alla base della logica del numero chiuso c’è d’altronde la logica perniciosa che sta smantellando il sistema dell’istruzione e della ricerca in Italia. Mediante le favolette consolatorie dell'”eccellenza” e della “meritocrazia” si vogliono giustificare i pesanti tagli apportati al sistema. E’ peraltro scientificamente dimostrato che i risultati migliori si raggiungono allargando le possibilità di accesso alla conoscenza e non già restringendole, incentivando la cooperazione e lo scambio e non già la competizione sfrenata.

Nel frattempo si continuano a dilapidare risorse enormi per carrozzoni inutili come il citato Anvur, senza parlare di Tav, ponti sullo Stretto, sommergibili, cacciabombardieri ed altre scempiaggini. 

E’ ora di dire basta a questo andazzo irresponsabile e disastroso, votando “Rivoluzione civile” alle prossime elezioni. Si tratta infatti dell’unica lista che porta avanti in modo coerente e fino in fondo la critica al modello neoliberista, affermando fra l’altro la necessità di ” una scuola pubblica che valorizzi gli insegnanti e gli studenti con l’università e la ricerca scientifica pubbliche non sottoposte al potere economico dei privati e una sanità pubblica con al centro il paziente, la prevenzione e il riconoscimento professionale del personale del settore”. Al di là della scadenza elettorale pare inoltre urgente  costruire in ogni luogo di studio e di lavoro, momenti di mobilitazione adeguata per difendere la conoscenza, base irrinunciabile della democrazia e dello sviluppo economico, in una società come la nostra che, nonostante certi interessati profeti dell'”eccellenza” continua ad essere a livello scientifico e tecnologico abbastanza alto.

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