All’inizio di dicembre 2012 un paziente affetto da sclerosi multipla si reca presso una struttura di Milano per essere operato di cataratta. Il primo controllo postoperatorio, come da prassi, viene stabilito per il giorno dopo alle 7,30. Il suo medico curante invia mail all’Unità Operativa di oculistica chiedendo se fosse stato possibile spostarlo di orario, in quanto paziente in carrozzina con paraparesi determinata dalla patologia di base in condizioni critiche che, per essere in orario al controllo, avrebbe dovuto alzarsi alle 5 del mattino in quanto occorre molto tempo per lavarlo e vestirlo, non essendo autonomo, avendo una grave rigidità muscolare che provoca dolori a volte insopportabili. La risposta appare quanto meno scandalosa: “l’orario che viene indicato sulla lettera di dimissione per il controllo del giorno dopo viene da noi considerato vincolante, in quanto lo specialista, e il relativo ambulatorio interessato in seguito, è assegnato alla quotidiana pratica clinica di pre-ricovero o di visita“. Lo stesso paziente dopo tre settimane circa lamenta calo del visus per cui venne stabilito un ulteriore controllo oculistico presso la stessa struttura. Il paziente trasportato in ambulanza non venne però visitato in quanto sulla ricetta redatta mancava il codice di esenzione e rinviato!

Ma la nostra sanità è così burocratizzata anche in presenza di un grave disabile e quindi di una persona fragile? È stato veramente considerato una persona o solo qualcosa che doveva procurare un guadagno? Qualcuno avrebbe potuto dire “mi interesso” e, ad esempio, farlo accettare come pronto soccorso per ovviare al disguido burocratico? Qualcuno della nuova giunta che andremo ad eleggere a febbraio, sperando che sia effettivamente “nuova” e con idee sane, si interesserà realmente in modo che i pazienti vengano considerati tali e non clienti di una azienda?

Al contrario, per far capire, occorrerebbe che i medici burocratizzati e i politici burocrati potessero provare, anche solo per un giorno, una disabilità importante.

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