L’eradicazione delle malattie è un’utopia? In un caso, come sappiamo, ci è si è già riusciti. Il vaiolo ad esempio. Non se ne è più notificato un caso da molti decenni e l’umanità se ne è definitivamente liberata attraverso la vaccinazione di massa. Nel 1977 venne dichiarata dall’OMS-WHO ufficialmente eradicata. Era una malattia importante, potenzialmente letale ed è stato un grande successo esserci riusciti. Però è rimasta l’unica ad essere cancellata.

Sul numero del 3 gennaio u.s. del New England Journal of Medicine è comparso un articolo intitolato ‘Disease eradication’ DOI. L’autore Donald Hopkins chiarisce che il termine eradicazione in medicina significa interruzione della trasmissione della malattia a livello mondiale, senza bisogna di successive verifiche, mentre il termine simile eliminazione, talora adoperato come sinonimo, indica propriamente l’interruzione solo in una zona geografica limitata, che necessita di continue verifiche.

In effetti c’è una malattia, la poliomielite, che è andata molto vicino a conseguire tale risultato, però, a causa del fallimento dei programmi di vaccinazione in Afghanistan, Pakistan e Nigeria, non ci si è riusciti. Questa malattia da luogo alla paralisi infantile e in alcuni casi può essere letale.
Prima dell’introduzione della vaccinazione di massa all’inizio degli anni ’60, circa 600.000 persone ne rimanevano vittime all’anno nel mondo e anche nel nostro Paese erano numerosi i casi di bambini segnati per la vita. La permanente endemia nei suddetti paesi pone la popolazione pediatrica sotto costante minaccia di una ripresa della malattia, anche se i numeri dei colpiti sono decisamente più piccoli: dell’ordine di poche centinaia.
Le ragioni di questo parziale insuccesso sono da ricercare per il Pakistan e l’Afghanistan nella inaccessibilità di varie regioni, specie nel Nord, ma non solo, a causa dei conflitti vigenti e dell’intimidazione, se non proprio dell’aggressione delle equipe di sanitari dedicate ad attuare i programmi di vaccinazione; mentre in Nigeria sarebbe stata la diceria diffusasi riguardo effetti collaterali gravi collegati alla pratica vaccinale a vanificare gli sforzi congiunti dei governi e delle autorità sanitarie internazionali. Spesso a causa della malnutrizione e della derivante immunodepressione di gran parte della popolazione pediatrica bisogna incrementare il numero di somministrazioni per ottenere un uguale effetto immunitario. Il risultato di queste difficoltà è stato che nel 2011 ci sono stati ancora 650 casi di questa malattia che avrebbe dovuto essere eradicata già parecchi anni fa.

Fra le altre malattie in attesa di un’eradicazione l’autore pone anche la dracunculiasi e la filariasi linfatica, che sono delle infezioni, presenti nelle fasce tropicali del globo, non da noi, provocate da organismi affini ai vermi che invadono la corrente linfatica. In questo caso la lotta non può essere praticata con un vaccino, che non esiste. Si basa su di una strategia combinata di lotta alle sedi di riproduzione degli insetti che trasmettono la malattia, di prevenzione delle punture degli stessi, di miglioramento delle condizioni igieniche delle popolazioni locali, e di trattamento farmacologico di massa (generalmente sempre attuabile, meno che nel caso della filariasi Loa Loa, dove è dannoso) delle popolazioni esposte al rischio, generalmente le più povere ed emarginate del mondo. Questa metodologia di lotta alle infezioni, oltre ad aver ottenuto lusinghieri esiti nella forte riduzione dei casi di filariasi di vario tipo, specie in America Latina, ma anche in alcune zone dell’Africa, può rivelarsi sinergica con la lotta contro un’altra malattia, di cui da tempo si attende l’eradicazione: la malaria.
Questa costituisce il vero spettro che minaccia le vite dei bambini che ne soffrono e che ne muoiono, e che determina il sottosviluppo di interi paesi, condizionando le condizioni di sopravvivenza delle comunità. Come accade ad esempio ad Haiti e nella confinante Repubblica Dominicana, che sono i soli Paesi dei Caraibi, in cui la malaria rimane presente. Ma anche qui si spera in pochi anni di conseguire importanti e decisivi risultati.

Sul numero del 5/1 u.s. del Lancet, John Maurice propone l’obbiettivo dell’eradicazione di un ulteriore flagello, questa volta tutto africano: ‘la malattia del sonno‘. Altro fattore che ostacola il progresso di intere regioni che ne vengono colpite. Si calcola che 70 milioni di persone vivano in aree del Congo, dell’Angola esposte al rischio di contrarre la malattia, grave con interessamento encefalitico e alta letalità e sequele gravi, con più di 20.000 casi l’anno. Anche qui i conflitti neo coloniali, ma anche quelli locali, hanno favorito un nuovo recente incremento del numero dei casi. In questo caso lo sforzo combinato di sorveglianza attiva e trattamento anche con nuovi farmaci, più efficaci e meno tossici, può venire a capo per il 2020, secondo l’OMS, di questa pericolosa situazione, almeno per quanto riguarda la forma da Trypanosoma gambiense, che riguarda il 96% dei casi e che ha un serbatoio umano.  

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