Certe volte vale davvero la pena di vedere come va a finire. Chi avrebbe mai detto che Paolo Del Debbio sarebbe finito a fare il secondo pilota di Federica Panicucci (tutte le mattine su Canale 5)? Proprio quel Paolo Del Debbio filosofo e teologo prodige nella natia Lucca, laureatosi alla Pontificia Università Gregoriana dopo avere sfiorato il seminario? Da Maritain alla Panicucci il passo non pare dei più brevi. Ma Del Debbio non è uno che corre; è uno che è sempre andato piano, sano e lontano. Soprattutto lontano.
Così da qualche mese ce lo ritroviamo da solo, senza Maritain ma anche senza Panicucci, a condurre il salotto di Quinta Colonna, prima serata di Retequattro. Se mai i titoli dei programmi tv potessero essere autobiografici, Quinta colonna lo sarebbe. Pur aderendo alle scelte politiche di Silvio Berlusconi dai primi vagiti di Forza Italia, da buon lucchese Del Debbio ha sempre tenuto una posizione defilata, parca, sorniona. Una penombra complementare all’immagine curvilinea, bonacciona e incravattata, il buongustaio del buonsenso. Anche in tv Del Debbio ha sempre amato stare un passo dietro il proscenio, e le colonne, osando al massimo intervistare la gente per strada nel programma Secondo voi (che a Gene Gnocchi ispirò la memorabile macchietta di Paolo Del Dubbio), in attesa del momento giusto. E il momento giusto è arrivato, con l’onda lunga dell’antipolitica.

Del Debbio ha ereditato da Salvo Sottile una Quinta Colonna ancora grondante liquidi organici e l’ha trasformata nella via populista al talk show. La ricetta è semplice, degna di Benedetta Parodi; eppure in video mancava. In studio, un paio di onorevoli che cominciano a urlare e a bastonarsi tra loro, come al teatro dei pupi, appena si accende la luce rossa delle telecamere (lunedì scorso c’erano le vecchie glorie Daniela Santanchè e Alessandra Mussolini, più l’emergente saladino Francesco Barbato). In collegamento esterno, lavoratori e cittadini inferociti, pronti a urlare e a mostrare i forconi appena è il loro turno. L’insieme si presenta come un remake del Santoro prima maniera, piazzaiolo e samarcandino, ma è solo un’impressione fallace. Appena Del Debbio comincia a rabbonire gli animi, a compatire i poveri cristi e a rabbuffare i potenti, chiedendogli di non usare paroloni difficili, appare evidente che il suo vero modello è un altro: Gianfranco Funari.

Sì, Del Debbio è un attento discepolo del Funari post Tangentopoli, quello che si faceva chiamare “il giornalaio” e imboccava gli onorevoli con la mortadella. Lui è un Funari a modo suo; stanziale, non vampirizza la telecamera, va sempre piano, sano e lontano e affida le strigliate più dure all’immancabile presidente della Federconsumatori Rosario Trefiletti (“Sentiamo Trefiletti…” “Calma, Trefiletti…”), che sta a Del Debbio come Crepet sta a Vespa e Luca Laurenti sta a Bonolis. Il succo però, è funariano al 100 per 100: un impasto di tv del mattino, la scuola delle casalinghe, emulsionato con la la mistica della ggente e guarnito di vaga ribellione anticasta.

A volte vale davvero la pena di vedere come va a finire. Vuoi vedere che il passo tra Maritain e la Panicucci è meno lungo di quel che si direbbe? In fondo l’aveva detto anche quell’anticristo di Nietzsche: Vox populi, vox dei.

Il Fatto Quotidiano, 10 gennaio 2013

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