I numeri sono da capogiro: 687.523 nuove abitazioni che nel 2009 non avevano ancora trovato un compratore; fra i 350.000 ed i 400.000 pignoramenti immobiliari attivati dalle banche contro coloro che non riescono più a pagare il mutuo, con una media di 400 nuove esecuzioni al giorno; quelle stesse banche che hanno prima fatto credito alle imprese di costruzione per 318 miliardi di euro nel solo 2008, con un aumento dell’850% dall’inizio del 2000. E oggi il governo studia una norma per frenare le espropriazioni, che stanno lacerando il paese. Dopo che lo stesso governo, in persona del sinistro Zapatero, ha pompato la bolla immobiliare. L’avete capito, siamo in Spagna, ma potremmo anche essere in Italia, e comunque negli Stati Uniti è già accaduto qualcosa di molto simile.

Ma la similitudine tra Spagna ed Italia non si ferma qui. Perché in Spagna si costruisce (o, meglio, si costruiva) per introitare imposte (esattamente come accade qui con gli oneri di urbanizzazione in fase di costruzione e l’IMU in fase di gestione), e perché la Spagna detiene il primato relativo al maggior numero di società edili quotate tra le prime 50 europee. Ed addirittura la ACS, di proprietà di quel Florentino Peres – che da anni riempie il suo Real Madrid di campioni senza vincere mai nulla –  è la seconda impresa di costruzioni al mondo.

E l’ambiente? Il paesaggio? Un optional. Secondo un rapporto ufficiale spagnolo, prima che scoppiasse il boom del sinistro Zapatero, in Spagna il consumo di suolo era aumentato in venti anni del 52%! Non sono riuscito a rinvenire i dati attuali in rete: probabilmente si vergognano di pubblicarli. La Spagna, un paese con l’anima di cemento.

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