Nel braccio di ferro con lo Stato sulla cessione della rete, Franco Bernabé ha un nuovo asso nella manica. Una carta fornita al presidente di Telecom Italia direttamente da Bruxelles e accolta con entusiasmo anche in Borsa dove il titolo oggi ha guadagnato l’8,84 per cento. Paradossalmente proprio quando l’Antitrust si appresta a chiudere (l’udienza finale è stata fissata per il 6 febbraio) l’istruttoria contro Telecom Italia, avviata a giugno 2010 su denuncia di Fastweb e Wind, per presunti comportamenti anticoncorrenziali.

Nel dettaglio, il quotidiano economico Financial Times, ha riferito oggi di un incontro riservato organizzato dal commissario alla concorrenza Ue, Joaquìn Almunia, con i più grandi gruppi europei delle telecomunicazioni per discutere l’ipotesi della creazione di un’unica infrastruttura di rete tlc europea capace di creare un mercato delle dimensioni di quello statunitense o cinese.

Una grande opportunità per gli ex monopolisti del Vecchio Continente (da Telecom Italia a France Télécom fino a Deutsche Telekom e Telefonica) stretti fra la necessità di abbattere il debito e l’esigenza di investire nella banda larga. Non a caso, come rileva l’Ft, l’ipotesi è stata presa in seria considerazione dagli operatori “frustrati per la frammentazione dei mercati europei, che ha impedito loro di competere”.

Per Telecom poi la mossa di Bruxelles è una vera e propria manna dal cielo perché come ricorda Banca Akros il gruppo italiano è in una “posizione avanzata” perché da tempo sta discutendo dello scorporo della rete. L’argomento è stato affrontato anche nel consiglio di amministrazione di Telecom di dicembre, quando Bernabé, pur prendendo tempo su una decisione definitiva, ha comunque aperto alle avances statali della Cassa Depositi e prestiti che vorrebbe creare una società in cui confluiscano gli asset di rete di Telecom Italia, i capitali di Cdp, pezzi di reti delle minicipalizzate e Metroweb, società con cui saranno effettuati, assieme al fondo F2i di Vito Gamberale, 4,5 miliardi di investimenti per cablare 30 città italiane.

Con l’assist di Bruxelles, però, Bernabé, ha ora un’alternativa alla proposta della Cassa di Franco Bassanini. E la scelta ricadrà sul miglior offerente. Con il rischio sempre latente per i cittadini italiani (Alitalia docet) che la rete venga strapagata dallo Stato per “salvaguardarne l’italianità“, senza che si arrivi nel tempo necessariamente ad un reale vantaggio attraverso ribasso dei costi per l’utenza grazie alla maggiore concorrenza degli operatori internazionali. E che solo in un secondo momento si aderisca ad un più complessivo progetto comunitario.

Una strada sponsorizzata anche da Franco Lombardi, presidente dell’Asati, associazione dei piccoli soci Telecom, che oggi ha ribadito l’importanza di un accordo con la Cdp. “L’accordo fra la Cassa Depositi e Prestiti e Telecom Italia per lo sviluppo della rete a banda larga in Italia è di fondamentale urgenza e importanza sia per l’Europa, per il Paese e per la stessa società”, ha detto aggiungendo che “gli ingenti investimenti nella rete in fibra ottica devono richiamare tutti gli attori istituzionali e privati del Paese a fare quadrato su un progetto strategico che non disperda, con diseconomie, anche tecniche, in singoli progetti urbani o regionali risorse economiche già scarse a causa della crisi”.

Ma il gruppo di Bernabé tiene molto alla propria rete la cui cessione da parte dello Stato inclusa nella privatizzazione del 1997, fu, per ammissione dello stesso Bassanini, un errore. La proprietà del network costituisce per Telecom un forte vantaggio competitivo perché permette alla società di essere l’interlocutore unico per la migrazione delle utenze verso altri operatori. Una questione, quest’ultima, al centro dell’istruttoria aperta dall’Antitrust in seguito alle segnalazioni dei concorrenti Fastweb e Wind.

Nel documento conclusivo della sua indagine, l’Authority sottolinea infatti che “Telecom Italia reca pregiudizio alla concorrenza mediante l’opposizione di un numero ingiustificatamente elevato di rifiuti di attivazione alle richieste dei concorrenti di servizi all’ingrosso e mediante l’applicazione di elevati sconti sui canoni di accesso relativi all’attivazione di linee telefoniche narrowband alla clientela residenziale”.

Il valore della rete è quindi ben più elevato di quello di libro. Per Telecom il network vale 15 miliardi, debiti inclusi. Ma per la Cassa Depositi e Prestiti ne vale solo nove. Il punto è ora vedere quanto varrà la rete di Bernabé nell’ambito di una più ampia operazione europea sulla cui fattibilità, come ha ricordato Almunia, solo gli operatori potranno esprimersi. Gli utenti, insomma, possono solo sperare nella lungimiranza dei manager degli ex monopolisti. E nel frattempo, in Italia, continuano a pagare bollette fra le più care d’Europa.

Per il momento, però, il tema legato a Telecom che passa sotto la stretta competenza della Ue è quello del maxi-contratto da 521 milioni di euro che a febbraio 2012 il Viminale aveva rinnovato al gruppo di Bernabè suscitando un ricorso (vinto) al Tar da parte di Fastweb. Al quale era seguito un contro-ricorso del ministero dell’Interno al Consiglio di Stato che proprio oggi ha stabilito che la decisione finale sull’efficacia dell’appalto spetterà alla Corte di Giustizia europea.

Secondo i giudici di Palazzo Spada “l’amministrazione aggiudicatrice” non ha dimostrato “le ragioni tecniche” invocate a giustificazione della scelta di non indire una gara. Dunque il Consiglio di Stato ha respinto gli appelli confermando “il capo della sentenza recante la pronuncia di annullamento degli atti della procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando, aggiudicata a Telecom”. Tuttavia i giudici ravvisano la necessità di approfondire “la portata esatta” della direttiva europea 2007/66/CE in materia di appalti pubblici.

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