Sono gli ultimi giorni, poi di Giovanni Favia, inteso come caso, non sentirete più parlare. Si è guadagnato la popolarità con un fuorionda nel quale parlava male della formazione politica che aveva contribuito a far nascere, l’ha mantenuta non dimettendosi (come era naturale che fosse) dal Movimento 5 stelle, ha ritrovato i giornali quando Beppe Grillo lo ha espulso. Tra oggi e domani sapremo se Favia si candiderà con Ingroia o meno. Poi diventerà, che venga eletto o meno, uno dei tanti.

Parlare di Favia  serve a dare una dimensione reale rispetto a quello che è accaduto all’interno del Movimento Cinque stelle negli ultimi mesi, sull’asse che va da Bologna a Parma.

È qui che Favia nasce e viene eletto con grandi numeri (161 mila e rotti) consigliere regionale. Grillo lo considera l’enfant prodige del neonato movimento. Il giovane su cui puntare, non fosse altro per la sua faccia pulita, ma anche per il lavoro che porta avanti in Regione, sempre e comunque ottimo, almeno fino a qualche mese fa. L’idillio, come spesso avviene, anche in ambiti più seri, si rompe. Favia non vuol fare il gregario, nasce stella e tale vuole rimanere. Così pensa che tutti i suoi mali provengano da Gianroberto Casaleggio, l’altra metà di Grillo e del Movimento Cinque stelle. Con una mossa tutt’altro che astuta porta al bar un cronista di Piazza Pulita e gli spiega quanto lui disprezzi Casaleggio, dunque una buona fetta del Movimento. L’avesse fatto in pubblico sarebbe stato una mossa legittima. E invece lo fa al bar, il cronista lo registra, e di conseguenza lo scenario cambia.

Grillo è furioso, Casaleggio tranquillo perché sa di essersi tolto dai piedi una persona giudicata troppo ambiziosa e vicina alle posizioni del Pd. Da lì in poi Grillo e Casaleggio continuano la loro campagna elettorale con l’obiettivo di arrivare al Parlamento senza Favia. Vincono a Parma, poi trionfano in Sicilia.

Favia resta uno spettatore, in bilico tra l’espulsione che forse lo toglierebbe da una posizione almeno ambigua. Ma toccherebbe a Favia andarsene. La logica vuole questo: sei a disagio in un posto, ti alzi e te ne vai a casa. Lui non lo fa, ma non spiega neanche i motivi. Aspetta che sia Grillo, in uno dei suoi mal di pancia furiosi, a cacciarlo.

È una guerra di nervi, mediatica, quella che si giocano. Soprattutto quella che gioca Favia. Sarebbe finita lì, e il nome sarebbe già scomparso dai giornali, se non si fosse messo in mezzo Ingroia. L’ex procuratore aggiunto di Palermo, tornato dal Guatemala, ha bisogno di una persona che guidi la sua lista in Emilia Romagna. La cosa più naturale è chiederlo a Favia. Nonostante tutto ha mantenuto un suo seguito, una parte del Movimento, nei limiti dei confini emiliano romagnoli, non ha gradito la sua uscita di scena.

Basterebbe un no o un sì. Niente da fare, Favia torna a giocare sulle corde dell’ambiguità. Vorrei ma non posso, dice martedì a chi scrive. Va bene. “Con Ingroia ci sentiamo spesso, in ballo c’è un progetto molto più ampio che non la mia semplice candidatura”. Vai a capire cosa intende. Non lo dice al cronista, ma in giornata ha declinato l’invito di Ingroia. Gli ha detto: per motivi personali e non politici non mi candido, ma sono a disposizione per aiutarti. Ingroia non ha bisogno di un aiuto, vuole un candidato. Così si continuano a sentire. Ieri si incontrano, Favia tentenna, ma i suoi problemi insormontabili possono essere scavalcati. Sì, forse mi candido. Capolista in Emilia Romagna.

Nega tutto, ovviamente, Favia. Dice e non dice. “Sei a Roma per decidere?”. “No”, risponde. Ma non ha importanza dove fosse. In realtà era a Roma, ma usa il solito metodo ambiguo, quello del fuorionda. Dico e non dico. A questo punto tutto può accadere, ma non sarà un terremoto. Anche che Favia si candidi e che non sia Ingroia a ripensarci. L’operazione, soprattutto per l’ex pm, è rischiosa: imbarcare Favia vorrebbe dire non aprire una finestra sul Movimento Cinque stelle, ma chiudere ogni forma di dialogo futuro. Favia assicura voti? Non lo sa neanche lui. Quando è uscito dal Movimento nessuno ha fatto le barricate, ha ricevuto molta solidarietà personale, ma gli altri (Federica Salsi è un caso diverso) sono rimasti nella loro abitazione naturale. Non ha mosso nessuno. Non ha incassato quello che sperava di incassare. Dunque la partita è ormai del tutto personale, e poco politica: se Favia si candiderà e, soprattutto, se verrà eletto, continuerà a perseguire la strada della sua personalissima ambizione. Sarà un’altra cosa che niente ha a che spartire con il Movimento Cinque stelle.

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