Grande lustro a impulso hanno dato al Pd le primarie per il candidato premier e quelle per le liste locali. Gli elogi si sono sprecati: ‘grande prova di democrazia’, ‘la parola agli elettori nonostante il porcellum‘; il confronto con il verticismo del Pdl è stato perfino impietoso e Bersani, nonostante il suo abituale low profile, ha gongolato per il successo oltre le aspettative.

Tutto bene; anzi no e la compilazione delle liste che a logica avrebbe dovuto scaturire con un click di computer dai risultati di quelle primarie si rivela complicata, anche un po’ rissosa.

Alcuni si ricorderanno che nello scorso agosto Cicchitto perorò la necessità di liste scelte almeno per un terzo dalle segreterie dei partiti indicando che ciò sarebbe servito a far entrare “parlamentari di alto livello che altrimenti rischiavano di essere esclusi”; a me parve una dichiarazione assurda motivata in modo assurdo; rinvio al mio post di allora chi volesse rileggerselo.

Il Pd, viceversa, sembrava avere intrapreso una via diversa con le sue primarie ma alla resa dei fatti cade nello stesso errore anche se Bersani si è riservato di nominare ex cathedra ‘solo’ il 10% dei candidati; evidentemente anche nel Pd ci sono candidati ‘unti del signore’ che non si devono discutere, solo eleggere in modo automatico. Ho volutamente scritto ‘eleggere’ e non ‘candidare’ perché la parte peggiore del giochetto è che i ‘prescelti’ non presentatisi alle primarie vanno a prendersi i primi posti delle liste facendo arretrare fino e oltre la soglia di rischio di non elezione alcuni di quei candidati che alle primarie hanno partecipato, magari con successo.

Accade così che la strada intrapresa diventi in salita e che la preparazione delle liste anziché essere una gioiosa manifestazione di democrazia diventi spettacolo non proprio edificante di vendettine, ingiustizie, liti.

Un caso esemplare sembra essere il Trentino Alto Adige dove i vincitori delle primarie, rispettivamente Michele Nicoletti (Trentino) e Luisa Gnecchi (Alto Adige) – della quale la Rete dei comitati di esodati chiede l’inserimento in lista secondo l’esito delle primarie, minacciando manifestazioni davanti alla sede romana del Pd – dovrebbero accodarsi al ‘nominato’ Gianclaudio Bressa e dove si stima che il Pd possa eleggere tre deputati. Va da sé che i secondi delle due primarie locali hanno poche o nessuna chance di essere eletti e probabilmente gli elettori si domandano a che cosa è servito andare a votare per le primarie e si guarderanno bene dal tornarci in futuro.

Un bel pasticcio; penso che Bersani avesse in mente esiti diversi da possibili manifestazioni contrarie alle modalità di preparazione delle liste.

Tutto ciò dovrebbe far riflettere sul fatto che quando si vuole iniziare qualcosa la prima domanda da farsi è se la vogliamo fare veramente e se ne abbiamo la forza. Già in passato riportai una interessante frase di Epitteto, filosofo romano, che vale la pena di citare ancora: “Di ciascuna azione, osserva gli antecedenti e le conseguenze e in tal modo avviati a compierla. Se no, inizialmente ti impegnerai con trasporto, perché non hai pensato per niente alle conseguenze; in seguito, quando alcune di esse si manifestano, ti ritrarrai vergognosamente dall’impresa.”

Se non si ha la forza di dare attuazione convincente agli esiti delle primarie, se ci sono candidati in pectore, forse “parlamentari di alto livello che altrimenti rischiavano di essere esclusi” ai quali non si può o vuole rinunciare, se anche per un “solo” 10% non si vuole ascoltare la voce dei propri elettori, meglio astenersi; altrimenti alla fine si riesce a far persino peggio di Cicchitto.

 

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