Esce dagli uffici della Questura di Napoli con i polsi ammanettati sorretto da due agenti e altri tre alle sue spalle e si avvia verso l’auto civetta della polizia con destinazione Grand Hotel carcere di Poggioreale. Nessuno fuori ad aspettarlo, nessuno che lo ferma per baciarlo in bocca, nessuno che piange per lui, nessuno che inneggia il suo nome. E’ solo al mondo come solo finirà i suoi anni a marcire dietro le sbarre col 41 bis. E’ in tuta grigia Lacoste, pettinatura alla Elvis Presley con gelatina, basette curate, faccia da ebete, sguardo proteso nel vuoto, fisico obeso, camminata a piedi a papera.

E’ finita alle tre di questa notte la latitanza del bamboccione della camorra Antonio Mennetta, 28 anni, portati con fatica, ritenuto dai pm anticamorra l’organizzatore e capo del cosiddetto clan dei ‘Girati’ della Vannella Grassi di Secondigliano, il gruppo camorristico protagonista insieme con gli ‘Scissionisti’ delle famiglie Abete-Abbinante-Notturno della seconda sanguinosa faida di Scampia per la conquista delle piazze di spaccio. Si nascondeva in una villetta iper-vigilata da un servizio di sofisticate telecamere a circuito chiuso nella zona di Scafati al confine tra le province di Napoli e Salerno. Il blitz è scattato quando gli agenti della Catturandi della Squadra mobile della Questura di Napoli e gli uomini del Servizio centrale operativo (Sco) hanno circondato l’intera zona. Vi erano, infatti, grosse possibilità di fuga e la polizia temeva che Mennetta potesse sfuggire alla cattura. Quando il bamboccione si è reso conto che non vi era più nulla da fare ha ammesso: “Sono Antonio Mennetta, sono disarmato e mi arrendo”, con lui c’erano due pregiudicati badanti padre e figlio Antonio e Alberto De Vita, finiti anche loro in manette per favoreggiamento.

Lo Stato con rabbia e determinazione segna l’ennesima croce sul volto di un altro latitante della lista wanted. Restano uccel di bosco Mariano Riccio e la primula rossa Marco Di Lauro, boss di spessore e figlio del padrino Paolo detto Ciruzzo ‘o milionario. E dire che Mennetta fu sorpreso lo scorso 23 luglio in una abitazione alla periferia di Napoli dove si era recato per incontrare moglie e figli. Dopo due giorni i giudici con una decisione alquanto discutibile lo scarcerarono non avendo ravvisato negli indizi raccolti a suo carico elementi sufficienti per ritenerlo a capo della fazione camorristica dei ‘Girati’. Occorrevano altri morti per far capire ai giudici che il bamboccione Mennetta premeva il grilletto come un passatempo.

“Un soggetto scaltro e pericoloso. Nei mesi ha tessuto alleanze e soprattutto tramato omicidi e vendette”. Così lo descrive la Procura Antimafia nel decreto di fermo emesso a metà dicembre contro di lui e una serie di affiliati. E’ accusato in particolare di aver ucciso il 14 aprile del 2011 Antonello Faiello, un pregiudicato del clan Di Lauro. Il giovane fu assassinato perché, secondo il racconto dei pentiti, aveva insidiato con un altro affiliato due ragazze che abitavano nella zona della Vannella Grassi e che frequentava ‘guaglioni’ dei ‘Girati’. Le giovani vennero allora punite con un ‘mazziattone’. I Di Lauriani attirati in una trappola si recano nel quartier generale dei ‘Girati’ in via Dante a Secondigliano per avere ‘soddisfazione’ contro i nemici ma ebbero la peggio. Faiello viene ammazzato con cinque colpi di pistola e resterà ferito anche il guardaspalle Luigi De Lucia. Della spedizione fa parte anche il minorenne Raffaele Di Lauro, penultimo dei figli del padrino Ciruzzo ‘o Milionario. Anche lui potrebbe essere ammazzato: viene solo immobilizzato e cacciato via. Nel codice di guerra di camorra non è consentito ammazzare il figlio del boss.

L’ omicidio Faiello viene ripreso da un telecamera di sorveglianza e la sequenza è davvero da brivido. Si vedono i gruppi avversi fronteggiarsi sotto lo sguardo attonito e impietrito di una madre e una figlia che si trovano casualmente in strada in quel momento. Un Far West, assurdo. Ecco perché a Napoli la vita vale poco come quella di Lino Romano, vittima innocente, ammazzato sotto casa della fidanza a Marianella – lo scorso 15 ottobre – al posto di un camorrista. “Fu proprio Mennetta a dare il colpo finale alla testa a Faiello dopo essere scampato egli stesso alla morte perché la vittima era armata”, ha raccontato Giovanni Illiano, il pentito della camorra che ha ricostruito una serie di omicidi e permesso l’arresto di alcuni esponenti di spicco del clan, non ultimo Arcangelo Abbinante. Dopo quel fatto di sangue Antonio Mennetta capisce che nella sua foga assassina aveva fatto un grave sgarro a Marco Di Lauro e cerca un dialogo con il figlio del padrino. Le diplomazie lavorano sodo per evitare una guerra nella guerra. Ne esce un risultato ‘politico’: tutto in una manciata di minuti, quanto basta per cambiare la storia criminale di un pezzo di città (conviene ripeterlo, da quel momento ci saranno almeno 20 omicidi).

Alla fine Marco Di Lauro piega il gruppo dei ‘Girati’ alla sua sete di vendetta contro gli ‘Scissionisti’ che insieme all’altro gruppo degli ‘Amato-Pagano’ tra il 2004 e 2005 scatenarono la guerra della prima faida contro suo padre. La speranza è che adesso nessun giudice ecceda in un garantismo fuori luogo nello scarcerare qualcuno. L’epoca dei vari Corrado Carnevale e ammazza sentenza vari è passata. Ci sono le indagini, il contributo dei pentiti, i morti ammazzati.

Vengano processati questi bamboccioni e loro sodali ed ‘escano’ dal carcere in posizione orizzontale. Ormai sono irrecuperabili. Se uno a 28 anni prende un revolver e spara un colpo alla tempia per finire il ‘nemico’ moribondo non credo che meriti di vivere in una società civile. Inutile imbastire discorsi e riflessioni inutili. C’è una generazione a Napoli cresciuta a pane e camorra. Colpevolmente le istituzioni hanno permesso questo scempio. E’ l’ora dei conti: adesso o mai più. La città non è dei camorristi e killer. Napoli appartiene ai napoletani onesti.

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