Fino ai primi anni novanta, al momento di stappare lo spumante per festeggiare il nuovo anno, consapevoli della diffusione generalizzata di un benessere conosciuto in modo pressoché ininterrotto dal dopoguerra, si poteva ben dire di non essere stati meglio, avere la certezza che l’anno nuovo sarebbe stato certamente migliore di quello appena passato e progettare quindi la propria vita di conseguenza.

In seguito, un profetico Gianni Agnelli sentenziò: la festa è finita. Ricordate? Vent’anni fa, quell’improbabile modello di sviluppo basato sul debito pubblico, sulla redistribuzione anti meritocratica delle risorse, sul mantenimento di un basso livello di competizione e sulla costruzione clientelare del consenso politico, ha cominciato a mostrare gravi crepe che hanno portato, più che a doverose e radicali riforme, a soluzioni politiche gattopardesche (“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”) con la sorprendente sostituzione dei “due di picche” della Prima Repubblica nei posti di comando della Seconda, fino alla situazione pre-fallimentare, finanziaria e sociale, che conosciamo tragicamente oggi.

Vent’anni fa è bastata la suggestiva promessa di perpetuare il bengodi cui tutti (o quasi) ci eravamo abituati “senza mettere le mani in tasca agli italiani”, salvaguardando privilegi anacronistici, diritti acquisiti e sprechi di risorse pubbliche e di talenti privati al prezzo di opportunità storiche irripetibili come il dividendo dell’euro, quel risparmio di centinaia di miliardi in tassi “tedeschi” (rispetto a quelli in lire) che invece di sfruttare per abbattere il debito e la conseguente spesa per interessi, abbiamo utilizzato per il mantenimento dello status quo, ipotecando così definitivamente il futuro di intere generazioni.

Il guaio è che, dopo venti anni, continuiamo a prenderci in giro. Tutto questo ricompattamento attorno ad un salvagente politico con un nome spendibile, quello del prof. Monti, di gente che è corresponsabile dello sfascio non aiuta a fare chiarezza: chi è stato causa del male non può esserne il rimedio credibile. Lo stesso Pd, ringalluzzito dai favorevoli sondaggi, ha responsabilità analoghe a quelle del Pdl con cui si è alternato al governo nei venti anni passati senza toccare conflitti di interesse e dilapidazione di risorse pubbliche, solo perché sensibile a privilegi uguali e contrari a quelli dei berlusconiani e dei soci della Lega. Lo Stato elefantiaco, inefficiente e corrotto ha fatto comodo a tutti e ha dato da mangiare a tutti, statalisti di destra come di sinistra, imprenditori assistiti e parassiti vari.

Monti è una persona sicuramente rispettabile, ma non ha fatto ciò che avrebbe avuto il dovere di fare, non si è imposto –fosse anche ricattandoli- sui partiti (Pdl e Pd) per i quali si è prestato a fare il lavoro sporco del risanamento finanziario: non ha minimamente scalfito la radice dei problemi e finché non si avrà questo coraggio, sarà inutile sperare in una crescita e un’occupazione che non siano fittizie.

Chi rimane al di fuori dei soliti giochi della politica? Il M5S sicuramente che raccoglie tante energie, indignazione e voglia di fare anche se non basta voler fare il bene del Paese, bisogna anche saperlo fare e questo impegno richiede competenze, indipendenza da conflitti di interesse, capacità di visione nel contesto geopolitico ed economico globale. E in questo ambito restano solo i grilli parlanti o i rompiscatole cui una stampa servile nega visibilità perché proclamano ricette e numeri scomodi e precisi. Mi riferisco a quel ceto produttivo e professionale che, al di là dei prestigiosi fondatori, anima Fermare il declino e che parla senza opportunismi e mezzi termini di fare una grande patrimoniale, ma allo Stato onnipresente, di tagliare pesantemente la spesa pubblica improduttiva (finanziamenti a partiti ed editoria compresi), di dismettere le partecipazioni pubbliche e soprattutto quelle bancarie in capo alle Fondazioni, di fare del merito e dell’istruzione l’unico ascensore sociale, di sostenere il reddito di chi perda il lavoro e non già le imprese in crisi, di combattere la corruzione e pretendere una giustizia veloce, di favorire la competizione nell’economia ed il federalismo virtuoso negli enti locali. Un partito di rompiscatole o di orchiclasti che hanno molto chiaro cosa fare nel 2013: personalmente, non vedo di meglio in  mezzo a tanto indecente riciclaggio di idee politiche vecchie e di personaggi che ci hanno portato così impunemente al declino.

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