Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono due militari professionisti, che, il 15 febbraio 2012, in missione anti-pirateriaa bordo di una petroliera italiana nell’Oceano Indiano, hanno sparato contro un’imbarcazione indiana e ucciso due pescatori, credendoli pirati.

Messi di fatto nelle mani delle autorità indiane dalla decisione di fare lo stesso entrare la Enrica Lexie nel porto di Kochi, i due marò sono ora in attesa di giudizio: l’Italia dice che le leggi internazionali prevedono che possano essere giudicati da una corte italiana, l’India non ha ancora accettato questo punto. Però, dietro robusta cauzione e formali garanzie, le autorità indiane hanno concesso a Latorre e Girone quella che buona parte della stampa indiana considera con irritata ironia “il regalo di una vacanza romana”, o meglio pugliese. I due devono tornare di fronte ai giudici indiani il 15 gennaio e siamo certi che intendono farlo.

Ciò che lascia, però, perplessi è il trattare i marò alla stregua di eroi: ci stanno la gioia delle famiglie e il sollievo dei comandanti e dei responsabili politici; sono un po’ sopra le righe l’accoglienza in pompa magna dei ministri degli Esteri e della Difesa e l’incontro al Quirinale col Presidente della Repubblica, che, almeno, se la cava con uno scarno comunicato. C’è pure chi, come l’ex ministro della difesa, ed ex (?) fascista, Ignazio la Russa, vuole candidarli al Parlamento. Professionisti che hanno sbagliato in buona fede, sì. Ma eroi perché?, perché stanno subendo un’ingiustizia internazionale? Ci siamo mai chiesti come ci saremmo comportati noi se due militari indiani in legittima missione avessero ucciso per errore due italiani nel Mediterraneo?

Il Fatto Quotidiano, 23 Dicembre 2012

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