Sul solco di neologismi di qualche giorno or sono coniati da Travaglio,  definisco “affondarie” la selezione che il Pd sta affronterà nelle prossime settimane per individuare, dalla base,  i futuri deputati.

Affonda, tale sistema, una duplice speranza: una prima legata al desiderio di vedere competenza e passione poste nella condizione di gareggiare e di incardinarsi in volti non troppo inflazionati dalla TV. Una seconda speranza, più politica, riguarda la certezza che il gruppo dirigente del Pd (Bersani in testa) abbia effettivamente capito quale enorme sofferenza stia attraversando questo paese in riferimento al disprezzo della politica

Dal regolamento stabilito questa settimana si evince che difficilmente nomi nuovi potranno essere selezionati e, soprattutto, che pare allontanarsi la pia illusione che il Partito democratico privilegi la seconda parola rispetto alla prima.

Si fa, al contrario, partito verticista perfezionando, in grande, l’errore che, fece durante le ultime elezioni europee rinunciando alla ottima Puppato a favore del plurionorevole parente Giovanni Berlinguer.

Mi lagno non tanto per l’indigeribile Bindi, il democristo Marini, “the voice” Finocchiaro che derogano ad una norma perché altrimenti vivremmo in Austria e non in Italia. Ma per quel listone di 100 clerici, scelti uno ad uno dalla segreteria, che godono, nella competizione, di privilegi e prebende a discapito di coloro che, non vicini al sole, dovranno scarpinare e sudare nella piena consapevolezza di uno svantaggio inziale.

Per un partito che si trastulla con i balocchi del merito e delle pari opportunità la scelta di  un regolamento siffatto non poteva essere più infelice. Un partito che sulla base di primarie vere poteva accartocciare gli avversari  e che è inciampato in un passo falso che non trova nessuna giustificazione di tempo e di contingenza.

Un “pasticciaccio brutto” che sminuisce i democratici che le proiezioni collocano alti nel cielo e che, nel coraggio del confronto ideale, dovrebbero  scrivere una bozza di futuro. Perché di futuro, in questa occasione, non se ne vede poi tanto, se per futuro vogliamo intendere l’affrancamento dai soliti riti di fedeltà alle persone e l’abbandono di una politica che dovrebbe comporsi di idee, strategie e progetti.

Alla fin fine rimane sicuramente il merito di avere organizzato, comunque, una forma di selezione che galleggia tra il rammarico di una riuscita parziale e il dispiacere per una occasione persa.

Potevano applicarsi di più.

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