Fa notizia il fatto che siano stati individuati e sanzionati dei tizi beccati a scorazzare con le loro motoslitte, tra l’altro in mezzo a ciaspolatori e scialpinisti. Quello che all’estero sarebbe la norma, da noi è l’eccezione. Nel senso che è un’eccezione che vengano elevate sanzioni contro chi esercita attività motoristiche in luoghi vietati in barba alle leggi regionali, come accade in Piemonte. Anche se, ad onor del vero, a nord delle Alpi la norma è anche rispettare le regole.

La scorsa estate mi stavo preparando per un’ascensione di prima mattina ai piedi del Rocciamelone, quando sento un ronzio in sottofondo. Alzo gli occhi, scruto la montagna, ed eccolo là, il solito simpaticone che percorre con una moto da trial un sentiero, in pieno spregio della normativa che lo vieta.

Il “solito” perché purtroppo di questa gente che se ne frega delle norme di tutela dell’ambiente naturale ce ne sono a iosa. Con le moto nella bella stagione (spesso prive di targa per tutelarsi meglio dalle sanzioni), e con le motoslitte d’inverno (sono ben 50.000 le motoslitte sulle nostre montagne). Tanto, penseranno, “anche se ci sono le norme non ci sono quelli che le fanno rispettare.”

Ed è purtroppo una triste realtà: guardie ecologiche volontarie e guardie forestali in montagna se ne vedono davvero poche. E gli stessi sindaci che pure spesso sanno dove questa gente va a scorrazzare, nulla fanno tramite la polizia locale per fermarli e sanzionarli. Di fatto, vi è una sorta di garanzia dell’impunità.

Risultato di queste allegre scorribande, i danni ai pascoli e ai sentieri d’estate, il pericolo di valanghe e danni al manto nevoso d’inverno. Con buona pace di Paolo Rumiz: «Viviamo in mezzo alla finzione e al frastuono e il recupero di una dimensione acustica della vita passa attraverso il silenzio. E la montagna è il grande serbatoio del nostro silenzio».

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