Lunedì 10 dicembre, esattamente alle ore 20, sedici minuti e quarantuno secondi, abbiamo saputo dalla sua stessa viva voce che Mario Orfeo aveva preso possesso della direzione del Tg1. Ha ringraziato i consiglieri di amministrazione, la presidente Tarantola, il direttore generale Gubitosi e ha pronunciato la formula di rito: è un grande onore, una grande responsabilità, dirigerò il Tg degli italiani (gli altri Tg sono argentini, del Queensland, della Jacuzia meridionale) nel solco della migliore tradizione “di rigore, obiettività e indipendenza”.

È chiaro che nella sua memoria emozionata e sotto pressione aveva resettato gli anni di Minzolini. Comunque, un “discorso della corona” ovvio, com’erano ovvi i discorsi dei direttori di una volta: “Farò un giornale indipendente, democratico e antifascista”. Orfeo arriva dal Messaggero (una direzione veloce) e, prima ancora, dalla poltrona di comando del Tg2 dove – a parte l’idea di creare “spazi di approfondimento” – non ha lasciato tracce. La stessa idea, Orfeo l’ha riciclata anche l’altra sera, seduto accanto ad Attilio Romita (a proposito, due anni fa, uno dei solerti firmatari della collettiva dichiarazione d’amore a Minzolini), che guardava Orfeo come Giovanni apostolo guardava Gesù.

L’approfondimento ha toccato il “femminicidio”, con impegnata svolta finale: un testo di Dacia Maraini, letto da Emanuela Rossi, la doppiatrice di Angelina Jolie e Michelle Pfeiffer. La stessa sera, qualche minuto dopo, le belle parole di Orfeo (“Daremo tutte le notizie, anche quelle che danno fastidio al potente di turno”) venivano immediatamente smentite: nei titoli di testa mancava la notizia che la nipotina di Mubarak, alias Ruby, era latitante chissà dove e l’omonimo processo a Papi si stava arenando. Una mano minzoliniana aveva agito nell’ombra. Nonostante tutto si è notato qualche minuscolo segno di risveglio: quando mai il Tg1 di Maccari avrebbe aperto la pagina politica con Mauro, il segretario del Ppe, che levava la pelle al Caimano? Quando mai avrebbe dato spazio a Saviano

Orfeo ha parlato di “difficile fase di transizione”, ed è proprio in questa “fase” che andranno alla deriva le sue buone intenzioni: la redazione del Tg1 è abituata a salire sul carro del vincitore e fintanto non sarà chiaro chi comanderà nei prossimi anni, Orfeo potrà disegnare un futuro di rinnovamento, indipendenza e obiettività, ma otterrà solo larghi sorrisi e profondi inchini. Niente altro.

Il Fatto Quotidiano, 13 dicembre 2012

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