Due giorni fa mia figlia di 8 anni esce da scuola in lacrime. L’ennesima “amichetta” litigando, alla fine per colpire bene, ha insultato lei usando la sorella Diletta. Sono anni che di tanto in tanto arriva la mazzata tra capo e collo.

Raccolgo lo sfogo di mia figlia, coccolata da altre amichette e dalla sorellina di quasi sei anni che arriva precipitosamente in aiuto. La sorellina più piccola, l’ultima delle tre, le promette aiuto. “Ci penso io” le dice con aria sconsolata.

L’impeto di madre è di urlare e di perdere il controllo. Respiro e capisco che devo insegnare loro a canalizzare tutto questo in un qualcosa di utile. Mi sento dire che purtroppo altri figli non li avrei dovuti fare sapendo che la gente è così. Sento però moltissima gente che invece inorridisce dinanzi a questo.

Torniamo a casa e lascio sfogare mia figlia. Muta mi limito ad ascoltare fin quando ad un certo punto mi dice : “allora io cambio scuola e non dico a nessuno che esiste Diletta, così mi lasciano in pace e ci gioco solo io!”.

Capisco che gli argini sono rotti, asciugo le lacrime e inizio un dialogo. Cerco di spiegare a mia figlia che quei bambini non si rendono conto di quanto possano ferirla e non si rendano neanche conto delle parole che usano. Spiego che non hanno nessuna colpa. Che così come lei sa tante cose perché esiste qualcuno che gliele spiega, in altri casi ciò non avviene.

Prendo spunto e cerco paralleli con altri esempi: bambini figli di separati, bambini con disagio sociale, bambini troppo ricchi addirittura…e riporto il dialogo al principio del rispetto, all’essenza del non giudicare, alla bellezza del conoscere.

Mi racconta il suo mondo visto dai suoi 8 anni e mezzo. Scopro un mondo meraviglioso ma estremamente fragile. Le offro la possibilità di discernere attraverso questi comportamenti la sensibilità e il senso di civiltà e di riconoscersi in questo. Le spiego che tanti anni fa era molto più frequente e che oggi invece su venti bambini sono pochi quelli ancora così a digiuno.

Le spiego anche che esistono i siblings, fratelli e sorelle di persone con disabilità. Le propongo di rendere la sua esperienza qualcosa che possa incuriosire, piacere, avvicinare.

Nasce così l’idea del comitato mini siblings. Faremo questo comitato, con un potere enorme: giocare, scherzare, organizzare, incontrarsi. Questi bambini sono disabili di riflesso e per loro l’unico appoggio è la percezione che noi genitori abbiamo. Quanti momenti difficili per loro? Quante difficoltà capire il giusto equilibrio nel comportamento? Un comitato spontaneo che si ritrovi offre loro la possibilità di sfogarsi tra bambini, trovare un confronto, sentirsi meno soli.

Uno dei modi per diffondere civiltà. Coinvolgendo tutti i nostri grandi di domani. Perché a volte, temo che lavorare sui grandi di oggi, sia davvero una missione impossibile purtroppo!

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