Grillo (che ha portato avanti questa battaglia, che oggi cavalcano in molti)  ha ragione: un Parlamento di indagati e condannati è una vergogna. Su questo sono d’accordo.
Ciò che mi lascia perplesso, invece, è la previsione ex lege della incandidabilità di chi è stato condannato, soprattutto nella attuale formulazione su cui sta lavorando il governo e che sembra dovrebbe passare, in cui si prevede la incandidabilità per  i soli condannati a pena superiore ai 4 anni (2 in particolari fattispecie di reato).

Innanzitutto una pena così alta lascerebbe esclusi  molti dei reati che vengono accertati, considerate le pene che, in concreto, vengono irrogate dai tribunali penali italiani. In secondo luogo i giudici potrebbero essere gravati di un peso e di pressioni enormi, sapendo che irrogare una pena in luogo di un’altra può portare l’esclusione dall’elettorato passivo per il condannato. E quanto varrebbe, poi, l'”allungamento” dei tempi di un processo, magari fino alla prescrizione, o la perdita di una notifica da parte del cancelliere? Senza contare che la verità processuale è, purtroppo, spesso distante dalla verità storica.

Infine, anche se l’idea in sé è astrattamente giusta, va sempre considerato che verrebbe applicata in un Paese difficile come l’Italia: il Paese delle mafie, della massoneria deviata e dei servizi deviati. Il Paese in cui è possibile ingannare i giudici e le procure fino a giungere a depistare indagini su fatti gravissimi come la strage di via D’Amelio e la strage di Capaci – tra i più terribili episodi di attacco allo Stato nella vita della Repubblica – portando a condanne nei confronti di innocenti.
Cosa potrebbe escludere che questi sistemi criminali siano in grado di ingannare nuovamente la magistratura al fine di eliminare “politicamente” un leader emergente?
Personalmente vedo questo rischio. E mi preoccupa.
Ed allora, esiste una soluzione?

Difficile a dirsi. Di sicuro, ancora oggi la condanna penale è una “bollamorale che, tra le persone per bene (che sono ancora molte) assume un significato importante, che può certamente indurre a non votare per chi è stato condannato. Forse, e sottolineo forse, basterebbe poter scegliere in piena consapevolezza, restituendo ai cittadini italiani la certezza dell’informazione e la scelta nominativa dei candidati, per ottenere lo stesso risultato che la norma in itinere si prefigge.

Perché, ad esempio, non mettere l’obbligo, nelle liste elettorali, nei manifesti, durante i comizi ed apparizioni Tv, durante le relative compagne elettorali, di dichiarare integralmente le proprie condanne penali con obbligo di pubblicare su un sito istituzionale i relativi atti?
Personalmente io non avrei problemi, ad esempio, a votare le Pussy Riot condannate in Russia per aver cantato in Chiesa una canzone contro Putin, mentre avrei molte perplessità a votare O.J. Simpson, il noto giocatore di football americano assolto dall’omicidio della moglie, con una sentenza molto discussa. Non conosco, però, la vita giudiziaria dei nostri rappresentanti candidati alle politiche degli ultimi decenni, tranne i casi più eclatanti (vi fu pure chi cambiò nome..), di cui comunque non ho mai potuto leggere integralmente gli atti processuali.

Insomma, confesso di avere difficoltà a scegliere quale sia la soluzione migliore, ma credo che vi siano certamente dei rischi anche nella soluzione che si sta studiando in merito alla incandidabilità ex lege, rischi che a mio avviso vanno valutati molto attentamente, anche perché, volenti o nolenti, si finirebbe per creare una categoria di “condannati legittimati“. È forse presentabile un parlamento pieno di condannati… a meno di 4 anni?

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